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LiveSicilia.it / Cronaca / Tranchina, un fantasma dal passato col dito puntato contro Graviano

Tranchina, un fantasma dal passato
col dito puntato contro Graviano

Il processo Di Matteo
di Gianluca Ferrari
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Tranchina accusa Graviano, questi fa spallucce e nei processi degli ultimi mesi mette addirittura in discussione il suo coinvolgimento con Cosa Nostra. Tra i due battitori il piccolo Giuseppe Di Matteo, anzi solo il suo ricordo immortalato in una foto di passione e cavalli, unica sopravvissuta alla corrosione dell’acido. Il pentito Fabio Tranchina parla tanto questa mattina all’udienza del processo per il rapimento e l’uccisione del ragazzino appena 15enne dopo 779 giorni di prigionia, rispondendo alle domande del pm Fernando Asaro. Dentro l’aula di Corte d’Assise di Palermo, la voce amplificata dagli altoparlanti degli schermi che in videoconferenza trasmettono la nuca dai capelli bianchi del collaboratore di giustizia colpisce tanti.

Fu il boss Giuseppe Graviano, insieme Giovanni Brusca, ad orchestrare il progetto di rapire il figlio di Santino Di Matteo, che in quel periodo (1993) stava tradendo la Cupola, la famiglia, collaborando con la giustizia; lo avrebbe annunciato lo stesso Graviano lo stesso anno a Misilmeri. Il piano seppur brutale e disumano aveva una ratio nella mentalità mafiosa: bisognava mandare un messaggio chiaro a chi era uscito dai ranghi, che fosse d’esempio per tutti. Colpire il figlio piccolo per punire il padre. Eppure Graviano all’udienza dello stesso processo a gennaio ha dichiarato: “Santino Di Matteo mi ha fatto solo del bene perché mi ha scagionato da due omicidi”, rincarando la dose affermando che durante il periodo ’92 – ’93 sarebbe stato latitante al Nord, quindi materialmente impossibilitato a compiere il sequestro: “Guardate i verbali dei carabinieri che mi pedinavano, quelli che poi mi hanno arrestato”. Ma il neo collaboratore smonta l’alibi del boss Giuseppe Graviano e conferma che nel periodo del sequestro il capomafia era a Palermo: una testimonianza precisa e priva di incertezze quella di Fabio Tranchina.

Un colpo dritto all’alibi proposto dal capomafia, ma non l’unico: nel maggio 2011 Fabio Tranchina ha indicato proprio Giuseppe Graviano come responsabile del massacro di via D’Amelio.  “Prima dell’attentato – spiegava l’ex fedelissimo dei fratelli di Brancaccio – più volte mi fece passare da via D’Amelio riaccompagnandolo, e io non capivo cosa dovesse vedere. Poi mi chiese di trovargli un appartamento in via D’Amelio, e visto che non l’avevo trovato ebbe a dirmi che allora si sarebbe messo comodo nel giardino. Dov’è avvenuta la strage in effetti c’era un muro e un giardino”. Poi ci sono le rivelazioni di Gaspare Spatuzza, compartecipe al delitto Di Matteo per sua stessa ammissione, non dimentichiamolo. Nei confronti ai processi da Graviano ormai pretende il “lei”. Le ultime parole di Tranchina cercano di trasmettere rimorso:  “Devo pulire la mia coscienza, ho un peso che non mi fa vivere”.

(LA FOTO. Nel quindicesimo anniversario dell’uccisione di Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino, che fu rapito quando aveva 12 anni e poi ucciso, e il cui cadavere fu poi sciolto nell’acido,  la mamma di Giuseppe, Franca Castellesi, depose un angeletto di ceramica sul lettino nella stanza delle torture).

Pubblicato il 30 Giugno 2011, 17:17
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