Dalla soffiata allo scandalo| Saguto cercò aiuto fra i colleghi - Live Sicilia

Dalla soffiata allo scandalo| Saguto cercò aiuto fra i colleghi

Silvana Saguto

I cinque mesi di paura che precedettero la perquisizione al Palazzo di giustizia di Palermo.

PALERMO – Prima erano stati solo sentori, poi arrivò la certezza che la bomba giudiziaria stesse per esplodere. Aprile 2015-settembre 2015: sono stati cinque mesi caldissimi per Silvana Saguto e per gli altri magistrati coinvolti nello scandalo sulle misure di prevenzione. Mesi in cui gli indagati hanno scoperto di essere finiti nei guai e avrebbero cercato aiuto e sponda in altri colleghi. Alcuni dei quali gli hanno chiuso la porta in faccia.

Il 22 giugno 2015 Fabio Licata – faceva parte del collegio presieduto da Silvana Saguto – apprende che la Procura di Palermo ha trasmesso a Caltanissetta il fascicolo dell’inchiesta partita dall’amministrazione giudiziaria dei beni sequestrati alla famiglia Rappa. Licata lo fa sapere a Silvana Saguto che ne parla, a sua volta, con il colonnello della Dia Rosolino Nasca.

Il 24 giugno 2015 l’ex presidente spiega all’ufficiale che “Petralia ha mandato gli atti a Caltanissetta… forse per Virga… spunta da intercettazioni che due dicevano ‘che ora ti pare giusto che dobbiamo andare a dare 100 euro all’amministrazione per ogni macchina…’ perché gliel’ha detto Scaletta”. Dalla conversazione captata fra il dipendente di una concessionaria di Gela e un finanziere sembrava, dunque, che per ogni macchina venduta dalla Nuova Sport Car venisse pagata una sorta di tangente. I sospetti erano caduti su Giuseppe Rizzo, uno dei collaboratori di Virga nella gestione della concessionaria di macchine con sede a Isola delle Femmine. Il Petralia citato è Bernardo Petralia, procuratore aggiunto che coordinava l’iniziale indagine sull’amministratore giudiziario Walter Virga. Petralia, per ragioni d’ufficio, aveva chiesto informazioni su Rizzo a Fabio Licata. Dario Scaletta, invece, è il sostituto procuratore che avrebbe parlato dell’indagine, durante una trasferta a Milano, con Licata che era giudice delegato della misura di prevenzione.

Non sono le uniche notizie riservate apprese da Saguto. Sarebbe stato Nasca, infatti, a informarla che i pm di Palermo indagavano su Giuseppe Maniaci, direttore di Telejato, le cui inchieste giornalistiche davano parecchio fastidio. La macchina dell’emittente televisiva, così riferiva l’ufficiale della Direzione investigativa antimafia, era rimasta coinvolta in un incidente stradale a Partinico e i carabinieri avevano verbalizzato che il mezzo era intestato a Luigi Impastato, figlio dell’imprenditore Andrea, condannato per mafia. Nasca sapeva pure che Maniaci aveva utilizzato “a fini strumentali” l’uccisione del suo cane, spacciandola per un’intimidazione. Si tratta di una delle contestazioni che sarebbe poi stata mossa al giornalista.

Silvana Saguto, dunque, a giugno capisce di essere finita nei guai. C’è molto di più dei servizi giornalistici. Ed è ora che inizierebbe a cercare protezione quando capisce lo scandalo sta per travolgerla. A luglio parla con Tommaso Virga che gli fissa un appuntamento con il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri. La sua è una sorta di azione preventiva: “Io oggi sono a Roma, sto andando su iniziativa di Virga a parlare con Cosimo Ferri, giusto per raccontargli come sono le situazione e le cose qua”. Sarà poi Tommaso Virga a spiegare che “sono uscito ora, tutto bene, cioè nel senso… contenta… quindi è stato un buon passaggio”. Al figlio Walter, il 28 luglio riferirà di una “discussione ragionevole”.

Preventiva probabilmente fu l’iniziativa che gli investigatori definiscono “il tentativo di interferenza, caduto nel vuoto, presso il procuratore di Palermo “ da parte di Tommaso Virga “in relazione a un’indagine che vedeva il figlio Walter”. Una vicenda risale ad aprile 2015. Il giovane avvocato e figlio del magistrato aveva ricevuto un avviso per un’indagine su un reato tributari. Ai colleghi di Caltanissetta Lo Voi ha rassegnato il “fastidio” per la visita di Virga che era andato a trovarlo nel suo ufficio. Tanto che ai suoi collaboratori Lo Voi disse di non fare più entrare nella sua stanza Virga padre. Se il figlio voleva dire qualcosa aveva una sola possibilità: farsi interrogare dal pubblico ministero che coordinava le indagini.

Il 9 settembre esplode la bomba giudiziaria con i finanzieri della Polizia Tributaria che perquisiscono l’ufficio della Saguto al Palazzo di giustizia di Palermo. Il 13 settembre il magistrato chiama Giuseppe Pignatone, procuratore di Roma. Gli chiede informazioni su chi avrebbe potuto nominare come suoi difensore nel procedimento disciplinare che sa bene sarà presto aperto nei suoi confronti: “Tu ci devi cominciare a pensare, tu sei il mio referente, mi devi dire chi devo prendere, chi non devo prendere, che devo fare, tutto mi devi dire, perché non ne so nulla”. Si tratta della procedimento che porterà il Csm a sospenderla, garantendole i due terzi dello stipendio. Siamo nel novembre scorso. Quattro mesi dopo la soffiata con la quale il giudice capì di essere finita nei guai.

 


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