Montante e la mafia, parla il pentito | "A Serradifalco era molto rispettato" - Live Sicilia

Montante e la mafia, parla il pentito | “A Serradifalco era molto rispettato”

Nell'interrogatorio di Di Francesco i rapporti dell'ex leader di Confindustria con gli Arnone. Il pm Bonaccorsi: "Concorso esterno? L'indagine c'è".

CALTANISSETTA – La tensione nel tribunale nisseno è già alle stelle, quando, all’improvviso, durante la requisitoria nel processo ad Antonello Montante, per un attimo cade il gelo. È il 12 aprile, il Pm Bonaccorso, che sta elencando tutti gli elementi a carico dell’ex leader di Sicindustria, fa una precisazione, inaspettata: “Mi sia concesso – dice – di aprire una parentesi su questa indagine sul concorso esterno che ho letto in un esposto sarebbe stata archiviata. No, l’indagine sul concorso esterno non è stata archiviata, e probabilmente non lo sarà archiviata. L’indagine è pendente”. Ma non basta: “In questo momento i faldoni si trovano nella mia stanza, nella mia cassaforte. Chiusa parentesi, scusate – conclude il Pm – il sassolino nella scarpa”.

Il processo sui rapporti, presunti, tra Montante e la mafia resta in piedi e la Procura conferma di aver preferito evitare di procedere per il concorso esterno quando scattarono gli arresti un anno fa.

Da allora, con i faldoni chiusi in cassaforte, mentre l’accusa rimetteva in fila i pezzi del puzzle antimafioso condito di dossier che ha portato alla condanna in primo grado a 14 anni di reclusione per Montante, le indagini sul fronte mafioso continuavano in silenzio. E adesso, proprio in questi giorni, sono in corso di deposito i verbali di alcuni pentiti che stanno facendo tremare i piani altissimi, non solo del mondo industriale.

INDUSTRIALI – “Omissis”. Sette pagine di verbali omissate, la Procura di Caltanissetta ha in mano i rapporti tra mafia e industriali svelati dal pentito Salvatore Di Francesco. A fare le domande sono i Pm Stefano Luciani della DDA e Sofia Scapellato, della Procura di Caltanissetta. Dall’altro lato del tavolo c’è Salvatore Dario Di Francesco, classe ’59, pentito, originario di San Cataldo, cittadina arroccata tra Caltanissetta e l’hinterland dove, da sempre spadroneggia la mafia. San Cataldo è una sorta di “mondo di mezzo”, come quello che potrebbe apparire dai racconti di Di Francesco, densi di rapporti tra Stato e anti-Stato, tra legalità e mafia.

“Intendo rispondere”, esordisce il pentito. Seguono, come detto, sette pagine interamente secretate, delle quali non è stata resa conoscibile neanche una virgola. Nessun particolare, solo un indizio: “Ricordo – si legge nel verbale – che nel periodo in cui avvennero i fatti che sto descrivendo, erano in corso le competizioni per le nuove elezioni del Presidente degli Industriali di Caltanissetta alla cui carica ambiva Antonello Montante in contrapposizione al gruppo che faceva capo a Pietro Di Vincenzo”. A questo punto viene messo nero su bianco il nome di Vincenzo Arnone, esponente della mafia che era stato compare d’anello di Montante, figlio di Paolino Arnone, ritenuto capo mafia di Serradifalco. “So – continua il pentito – che Arnone era interessato a tale competizione e sponsorizzava l’elezione di Montante e proprio per tal motivo aveva anche avuto modo di conoscere Massimo Romano. L’Arnone supportava l’elezione del Montante in virtù del rapporto di amicizia che intercorreva tra i due e ricordo che ebbe a dirmi anche che si stava interessando proprio per fare eleggere il Montante”.

Arnone avrebbe avuto un “interesse personale” per l’elezione del Montante, poiché puntava a fare avere una rappresentanza dell’associazione autotrasportatori di cui faceva parte, nell’associazione industriali. “Dopo l’elezione del Montante – svela il collaboratore – l’Arnone mi disse anche che era stato inserito all’interno dell’associazione industriali come uno dei quattro saggi, così almeno ricordo”.

L’ESTORSIONE – Il 7 maggio del 2014 a interrogare il pentito Di Francesco ci sono i Pm Domenico Gozzo, Stefano Luciani della DDA e Giovanni Di Leo. Il collaboratore Di Francesco esordisce ricordando che Pietro Riggio, soggetto a lui vicino, lo aveva contattato per sottoporre ad estorsione entrambi i fratelli Montante. “Preciso – dice Di Francesco – che sono cresciuto insieme ai fratelli Montante, essendo vicini di casa a Serradifalco e pertanto ero con gli stessi in ottimi rapporti”

“Il Riggio – continua il pentito – voleva sottoporre a estorsione Gioacchino Montante che gestiva un negozio di giocattoli a Caltanissetta, ma mi mostrai contrario e gli proposi di fargli avere uno sconto su eventuali acquisti di giocattoli parlando con il Montante stesso”. Siamo a ridosso delle feste natalizie del 2001.

A Riggio, il pentito avrebbe spiegato che a Caltanissetta Antonello Montante aveva un deposito in cui venivano custoditi gli ammortizzatori prima di trasferirli al Nord. “Dissi al Riggio – aggiunge il pentito – che non doveva interessarsi su come fosse combinato il Montante, anche perché gli interessi di quest’ultimo erano prevalentemente a Serradifalco e si trattava perciò di questioni che non gli competevano”.

IL TESTIMONE – Di Francesco parla anche del ruolo di Arnone, testimone delle nozze di Montante “sicché nei confronti della famiglia Montante e dello stesso Antonello Montante vi era una sorta di rispetto a Serradifalco”. Il rapporto tra Montante e Arnone sarebbe durato “almeno fino al 2001, quando l’Arnone poi fu arrestato”.

LE MINACCE – “Posso dire di essere rimasto meravigliato nel leggere sui giornali che Antonello Montante era stato destinatario di minacce”, dichiara Di Francesco. Quando sulla stampa si parla delle intimidazioni al leader degli industriali, il pentito è in carcere e commenta le notizie con altri detenuti. “Ricordo di aver commentato tali vicende con Angelo Cavaleri nel carcere di Ariano Irpino e con Crocifisso Smorta nel carcere di Secondigliano. Ricordo che a mo’ di battuta, io stesso dissi che si trattava di minacce che si era fatto da solo, perché ritengo impossibile che potessero provenire da Serradifalco, anche perché gli Allegro, io e Arnone eravamo tutti in carcere e poi perché lo stesso, come ho già detto prima, è stato sempre rispettato”.

ELEMENTI A DISCOLPA – Il pentito parla anche di elementi che potrebbero essere utilizzati dalla difesa di Montante. Primo fra tutti il fatto che Montante non avrebbe effettuato assunzioni su richiesta di Cosa nostra. “Non ho mai saputo – dice il collaboratore – di assunzioni effettuate dal Montante nello stabilimento di Serradifalco su indicazione dell’Arnone o di esponenti di Cosa nostra”, discorso che vale anche per Massimo Romano, imprenditore inizialmente vicino a Montante: “In effetti – dice il collaboratore – a Serradifalco è stato realizzato un supermercato della catena facente capo a Massimo Romano, ho potuto constatare, almeno finché sono stato libero, che nessuno di Serradifalco vi abbia lavorato”. E poi c’è il coinvolgimento del padre e del fratello di Montante in inchieste giudiziarie, come ricorda il pentito: sono stati prosciolti e risarciti. Di Francesco ha parlato a lungo con gli inquirenti. C’è ancora molto da scrivere non solo sui suoi verbali.


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