Orlando: "Meglio 15 giorni di lockdown che sei mesi di agonia"

Orlando: “Meglio 15 giorni di lockdown che sei mesi di agonia”

Intervista al sindaco di Palermo: "Tenere conto della situazione dei capoluoghi".
CORONAVIRUS
di
6 min di lettura

Sindaco Leoluca Orlando perché chiede la zona rossa per Palermo?

“Perché io sono preoccupato, ne ho il diritto, e ho il dovere di dirlo. I dati recenti lasciano prevedere un aggravamento della situazione. Abbiamo un indice di positività del 20 per cento contro una media nazionale del 13, media che è innalzata dal nostro 20. E stiamo assistendo a un crescente numero di contagi registrati quotidianamente. Io ho provato a fare un calcolo del rapporto tra positivi e abitanti: al primo posto sta Siracusa, al secondo Messina, dichiarata rossa, al terzo Catania, al quarto posto sta Palermo, essendo peraltro la nostra una delle città in cui si fanno più tamponi”.

C’è un problema dei capoluoghi?

“Questi dati sono provinciali, io ho chiesto come Anci i dati delle città. Ho fatto riferimento ai capoluoghi perché sono i luoghi per definizione in cui la mobilità maggiormente incide. Aspettiamo il conforto dei tecnici”.

Non li avete i dati per città?

“No. Ho chiesto di dare i dati localizzati, potere avere l’indicazione della via di dove stanno le persone in quarantena. Per sapere a livello di quartiere, di circoscrizione se c’è qualche zona particolarmente concentrata. C’è un dato che è una novità assoluta: i contagi, mentre nel periodo estivo erano esogeni, oggi sono familiari. Abbiamo in numero elevato di contagi all’interno della stessa famiglia. Il comportamento irresponsabile di uno può contagiare l’intera famiglia”.

Lei batte sempre sul tema dell’irresponsabilità…

“Su questo insisto moltissimo. Bisogna smettere di dire che i problema sono le sanzioni: è un problema culturale di assunzione di responsabilità. Io lanciai l’allarme a novembre e ci fu un effetto positivo con un notevole screening scolastico”.

Ma le restrizioni previste per la zona arancione non bastano?

“Precisiamo una cosa: la classificazione non è un concorso al merito o una partita a poker in cui è ammesso il bluff: qui conta il tasso di positività dei tamponi, la nostra media è la più alta in Italia. Io torno a chiedere di fare questo esame città per città tenendo presente che la debolezza di restrizioni della mobilità dai comuni confinanti diffonde il contagio specie nei capoluoghi e nelle grandi città. Tenendo conto anche delle strutture sanitarie di Palermo dove c’è un grande accesso di persone contagiate”.

I parametri per decretare la zona rossa sono stati fissati: 250 contagiati ogni 100mila abitanti. E noi non ci siamo.

“No, non ci arriviamo ma siamo al limite. So che scontento mezzo mondo parlando di misure più restrittive ma è chiaro che questo è accompagnato dalla richiesta di interventi al governo nazionale sui ristori. A cominciare dai comuni. Noi dobbiamo garantire la copertura del 36 per cento dei costi dei servizi comunali, se non lo facciamo ci applicano una sanzione di otto milioni cash: al Comune che ha dovuto chiudere la piscina non vengono dati ristori e a differenza del privato non possiamo mettere in cassa integrazione i dipendenti, è assurdo”.

Lo sa che ci sono aziende letteralmente alla canna del gas: la zona rossa potrebbero reggerla?

“Ma nella condizione delle aziende ci sono anche i Comuni. Noi accantoniamo centinaia di milioni di euro che potrebbero essere utilizzate per sostenere le imprese. L’unico settore dove abbiamo qualche disponibilità finanziaria è quello delle attività sociali. Oggi nessuno a Palermo rimane senza mangiare. Le fasce più colpite sono quelle del ceto medio non impiegatizio”.

Fra le quali ci sono persone letteralmente disperate e non sono poche…

“Vuole che non ne abbia la consapevolezza? Ma questo sistema a metà non aiuta. Tanto, se c’è la preoccupazione del contagio gli stessi saldi di fine stagione vanno male. E tu devi stare aperto e non hai diritto a nessuna forma di sostegno. Le aziende più colpite sono quelle che non si possono permettere il lusso di chiudere”.

Lei dice meglio il lockdown, si soffre si riparte.

“È preferibile avere quindici giorni di lockdown con i ristori piuttosto che sei mesi di agonia. E siccome i tempi della vaccinazione non sono inferiori ai sei mesi… Ripeto, il sistema delle zone è stato frainteso, visto come una classifica di merito. Non è così. Il Veneto ha fatto un lavoro esemplare sulla sanità, e scelgo quella regione così è chiaro che non faccio un discorso di colore politico, ma ha avuto problemi di contagi. Qua i colori non sono medaglie al merito. Figuratevi se io ho interesse a che Palermo sia zona rossa”.

Ma non è che rischiamo di prendere decisioni sulla spinta dell’emotività? Perché ripeto, i nostri dati sono ancora lontani dai parametri fissati per la zona rossa.

“Vogliamo vedere se lo saremo ancora alla fine della settimana? E quel numero è sostanzialmente riferito ai tamponi che fai. Per me è molto più significativo il tasso di contagiosità, uno su cinque è drammatico. A me sono giunte notizie sabato e domenica di situazioni di grande difficoltà nei pronto soccorso. Non c’è il picco nelle terapie intensive ma stiamo vedendo oggi quello gli effetti di quel che è successo il primo gennaio”.

Certo, il numero dei positivi dipende sai tamponi e a Palermo se ne fanno parecchi, intende dire questo?

“Sì. Guardi, col drive in alla Fiera abbiamo fatto ‘aumentare i positivi’. Ma io preferisco avere un numero alto di positivi ma tolti dalla circolazione che meno positivi ufficiali perché non si fanno i tamponi e il contagio corre. Abbiamo sei Usca dedicate alle scuole, c’è un grande sforzo a Palermo”.

Scuole, altro tasto dolente. Per ora restano aperti solo gli asili e qualcuno protesta anche su questo. Che ne dice?

“Quando si sono riaperti gli asili nido dopo le feste, su 550 frequentanti di quelli comunali se ne sono presentati 60. E su 600 delle scuole dell’infanzia se ne sono presentati 100. E nei nidi ancora oggi abbiamo un terzo di assenze, nelle scuole per l’infanzia un 50 per cento abbondante non si è presentato. C’è paura, insomma, ma i genitori non hanno a chi lasciarli i bambini”.

Insomma, devono restare aperti gli asili.

“Esattamente, è una scelta sofferta ma tenerli aperti ha un senso. Noi da oggi abbiamo avuto una corsia preferenziale alla Fiera del Mediterraneo dove abbiamo invitato tutti gli operatori degli asili nido a fare il tampone di pomeriggio”.

Possiamo andare avanti così per mesi?

“Non si può andare avanti ad apri e chiudi. Sennò il messaggio del liberi tutti passa, come è passato appena si è avuto notizia del vaccino. Io che non sono tra i soggetti più giovani e avendo patologie importanti se mi piglio il Covid ‘agnello e sucu e funì u vattiu’, io se mi va bene il vaccino lo farò ad aprile”.

Non è tra i ‘furbetti del vaccino’…

“Lasciamo perdere le nostre italiche virtù che sono note. Guardi: prima sembravo il pazzo, a novembre. Ora il 70 per cento dei siciliani è per misure più restrittive. Il problema qui non è più la scuola che è il luogo più sicuro, certamente più sicuro degli ospedali. Ma il problema è che dopo le pazzie natalizie qual è la situazione oggi? Le scuole elementari sono posti dove è più forte il contatto fisico, dobbiamo tenerne conto. E invece ho paura che si navighi a vista. Le racconto una cosa”.

Prego.

“Come sindaci metropolitani abbiamo chiesto un incontro al commissario Arcuri per avere garanzie sull’arrivo dei vaccini. Si erano dimenticati tra le priorità i portatori di handicap: ho scritto una lettera ad Arcuri per farlo notare. Si naviga a vista. E forse in parte è comprensibile ma pericoloso”.


Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI