Giusy Vitale, torna in carcere la prima donna boss a pentirsi

Giusy Vitale, torna in carcere la prima donna boss a pentirsi

Il fratello Leonardo le augurò la morte. Raccontò di Provenzano vestito fa vescovo. Registrato un incontro con il boss Casamonica

PALERMO – Era il 2005 e Giusy Vitale divenne la prima donna boss a pentirsi. Oggi viene raggiunta da una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere assieme ad altre 80 persone.

Ci sarebbe la sua regia nei traffici di droga gestiti dal nipote Michele Casarrubia. Mentre viveva sotto protezione dello Stato – una protezione che mesi fa le è stata revocata – gestiva affari illeciti e manteneva i contatti con la amata Sicilia.

Al potere al posto dei fratelli

Nuova città, nuova identità, ma vecchie abitudini di vita. Almeno così ritengono i pm della Procura di Palermo e i carabinieri. Giuseppa Vitale, detta Giusy, è nata a Partinico nel 1972. Quando i fratelli Vito e Leonardo finirono in carcere, nel 1995 e nel 1998, fu lei a prendere in mano il potere.

Il terzo fratello Michele, una volta scarcerato, aveva deciso di farsi da parte. Poi, l’arresto nel 2003 e la svolta due anni dopo. Decise di voltare le spalle a Cosa Nostra per “dare un futuro ai miei figli”. Così disse nel corso del processo che si concluse con la condanna del fratello Leonardo all’ergastolo per omicidio: «Mentre ero detenuta mi portarono mio figlio in carcere. Aveva quasi sei anni e ricordo che mi chiese perché ero stata arrestata. Mi chiese ‘Mamma che cosa è l’associazione mafiosa?’ Io non seppi cosa rispondere. Lo presi in braccio, lo misi a sedere e tentai di dire qualcosa. Gli dissi che la mafia è una brutta cosa, e che quando sarebbe stato più grande avrei cercato di spiegare».

Il disprezzo del fratello

Sprezzante fu la reazione del fratello Leonardo: «Ho saputo che una mia ex consanguinea sta collaborando. Noi la rinneghiamo sia da viva che da morta e speriamo che lo sia al più presto».

“Provenzano vestito da vescovo”

Una delle sue ultime apparizioni da collaboratrice di giustizia risale al 2018. La convocarono al processo che si sarebbe poi concluso con la condanna di Matteo Messina Denaro per le stragi del 1992. In aula disse: “Nel 1992 andai in campagna, dove tenevamo gli animali a Valguarnera, contrada di Partinico, i miei fratelli mi avevano chiesto di portare delle cose da mangiare, dei panini. Notai diverse macchine parcheggiate lungo la strada e capii che c’erano più persone. Ad un certo punto arriva una macchina e vidi una persona vestita da vescovo. Questo dettaglio mi aveva incuriosita e mio fratello mi dice di andarmene perché non potevo restare. Tempo dopo appresi che quel personaggio era Bernardo Provenzano”.

I contatti con il nipote

Le intercettazioni hanno svelato l’intraprendenza di Giusy Vitale e del nipote Michele Casarrubia. Sarà lei ad accompagnarlo nel corso di un un incontro con Consiglio Di Guglielmi, boss del clan Casamonica. Volevano attivare un canale per la cocaina, ma incassarono un diniego e virarono su altri fornitori. Era il 2018, l’anno scorso Di Guglielmi è stato stroncato dal Covid.

Il nipote metteva la zia al corrente dei “partinicoti che hanno caricato 120 chili a 30 euro (al chilo)”. Il riferimento sarebbe alla cocaina “che hanno trasportato sino a Trapani”, una parte della quale sarebbe stata consegnata a “Salvuccio”. Faceva riferimento ad alcuni che “sono andati fino a Milano, fino a due giorni fa… sono andati a Bergamo ma i calabresi non gli danno più niente”.

L’incontro con il boss Casamonica

L’incontro con Claudio Casamonica non andò a buon fine. Casamonica disse che si era “specializzato” nei furti di macchine di lusso, perché con la droga si “rischia di farsi male”. Ma Giusy Vitale credeva che fosse solo un no momentaneo. Bisognava insistere: “… ti dico io … ti dice ora si… che ci devi andare di nuovo”.

Casamonica stava solo facendo finta di non poterli aiutare. Stava studiando i suoi interlocutori: “… ma come… con il giro che ha lui… ma lui non si presenta con nessuno”, diceva Vitale che confermava di conoscere bene Casamonica: “… se te lo dico io che già ci sono venuta”, “io lo sapevo, ti ho detto ci sono venuta, ci sono venuta con Roberto bello”.

Il nipote era in fibrillazione. Sperava un giorno di diventare anche lui un pezzo grosso come Casamonca che “comanda a Roma”: “Io nella vita ho avuto sempre un sogno, da quando ero piccolo, o è una malattia, mia madre mi ha detto sempre …. bisogna sognare, perché a volte i sogni si realizzano… chi lo deve sapere un giorno se diventerò qualcuno, zia …. “. E la zia lo assecondava: “… vero è”, “un giorno devi diventare qualcuno per qualcuno”.


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