'Intimidazioni e pressioni': Musumeci e quelle parole da chiarire

‘Intimidazioni e pressioni’: Musumeci e quelle parole da ‘codice penale’

Il discorso del presidente che supera il confine della politica

PALERMO – La burrasca politica passerà, c’è da giurarci. Anche se così non fosse poco importa. Sono le parole del governatore Nello Musumeci che resteranno. E sono parole che nulla hanno a che fare con la politica.

La diretta Facebook di ieri del presidente della Regione, subito dopo avere appreso di essere stato il terzo per preferenze nel voto per i tre grandi elettori del Capo dello Stato, ci consegnano la figura di un presidente assediato da pressioni e intimidazioni.

Un presidente che, così dice e non ci sono motivi per dubitarne, alle pressioni mai ha ceduto. Ma quelle pressioni ci sono state e non si può fare finta di nulla. Siamo al limite, forse persino superato, di interferenze da codice penale. Non è un caso che il presidente, rivolgendosi ai franchi tiratori che non lo hanno votato, abbia detto: “Hanno pensato di compiere nei miei confronti quello che in gergo giudiziario si dice atto di intimidazione. Si tratta di una sorta di resa dei conti”.

Musumeci ha parlato di “deputati che mi hanno fatto richieste irricevibili”, dai quali si è tenuto lontano “per questioni di igiene”. Non ha voluto sporcarsi, mantenendo “questi scappati di casa” lontani dalla sua figura di “presidente che non è stato condizionato neanche dalla mafia”.

Il governatore ha parlato di “intimidazioni” per ottenere qua e là qualche posto come “direttore di un ente del sottogoverno”, o di “presidente di un collegio dei revisori”. Roba da “accattonaggio” e, forse, da codice penale. Gli elettori siciliani, a cui Musumeci si è rivolto durante il discorso, non conosceranno mai i nomi dei “ricattatori”. Il fatto che Musumeci abbia resistito alle intimidazioni consola, ma probabilmente ai siciliani onesti non basta. E non basta un azzeramento della giunta per archiviare in fretta le sue parole.


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