Processo ai Lombardo|Il governatore: "Sono tutte sciocchezze" - Live Sicilia

Processo ai Lombardo|Il governatore: “Sono tutte sciocchezze”

Al carcere Bicocca di Catania, la nuova udienza del processo che vede imputati Angelo e Raffaele Lombardo per corruzione elettorale. Il boss Rosario Di Dio si è avvalso della facoltà di non rispondere.  Il governatore ha poi parlato facendo una disamina, punto per punto, delle accuse a suo carico: "Mi viene facile rispondere e soprattutto demolire le tante sciocchezze".
Catania, l'accusa è di corruzione elettorale
di
8 min di lettura

Raffaele Lombardo è arrivato da pochi minuti nell’aula dell’istituto penitenziario Bicocca di Catania dove è in corso la nuova udienza del processo che lo vede imputato, insieme al fratello Angelo, per corruzione elettorale con i capi del clan Santapaola. Ai Lombardo non è stata contestata l’aggravante di aver favorito la mafia e l’udienza riguarda soltanto il troncone processuale relativo alle elezioni politiche del 2008.

Il boss rosario Di Dio si è avvalso della facoltà di non rispondere. Di Dio era stato intercettato mentre ricordava che Raffaele Lombardo sarebbe andato a trovarlo mentre era sorvegliato speciale, il giorno prima di un appuntamento elettorale, per chiedere voti. Durante quell’appuntamento Lombardo avrebbe mangiato 7 sigarette.

In mattinata è previsto anche l’interrogatorio di Gaetano D’Aquino, killer del clan Cappello che ha rivelato presunti rapporti risalenti al 2006 tra il deputato regionale del Pdl Pippo Limoli e il boss Angelo Santapaola, ma anche l’intervento, sempre presunto, del senatore autonomista Giovanni Pistorio e dei fratelli Lombardo per le assunzioni nelle cooperative operanti nel settore dei rifiuti. In aula, ci sono gli avvocati Carmelo Galati e Guido Ziccone.

La genesi dell’inchiesta Iblis.

Il maggiore dei Ros Luigi Arcidiacono viene sentito come testimone e spiega la genesi dell’inchiesta Iblis. “Dopo la scarcerazione nel 2005 del boss Eugenio Galea, seguendolo, abbiamo fatto un nuovo arresto nel 2006. Dal luglio del 2006 c’era un momento di avvicendamento all’interno della famiglia Santapaola. Avvicendamento che abbiamo seguito intercettando i principali esponenti della mafia che in quel momento potevano prendere il posto di Galea. Spiccavano Aiello Vincenzo e Rosario Di Dio, erano i principali contendenti per la successione a Galea. Vincenzo Aiello era stato scarcerato nel 2005, era il vice di Eugenio Galea, per come è stato descritto nella sentenza Orsa Maggiore, era il cassiere della mafia catanese che manteneva rapporti con i palermitani. Aiello, che dal momento della scarcerazione aveva fissato la sua dimora in Toscana, nel 2006 periodicamente torna a Catania e durante uno di questi viaggi abbiamo notato che nell’azienda intestata a prestanome e riconducibile al fratello Alfio, Aiello incontrava l’imprenditore Ilardi che aveva rapporti con alcuni pregiudicati. Ilardi in quest’occasione parlava di alcune vicende mafiose che avvenivano all’interno della provincia di Catania. Da quel momento abbiamo capito che i viaggi in Sicilia di Aiello non erano casuali, erano dei viaggi effettuati per organizzare incontri con personaggi di interesse investigativo. Contemporaneamente stavamo attenzionando Rosario di Dio, già noto nell’indagine Dionisio, nel 2003 era al centro delle dinamiche mafiose della provincia di Catania e aveva contatti con Sebastiano Rampulla (fratello dell’artificiere della strage di Capaci ndr) e Francesco La Rocca (boss di Caltagirone, ndr)”.

“Di Dio si preparava a colmare il vuoto creato dall’operazione Dionisio nel calatino – continua il militare – nel 2006 iniziamo a indagare su Rosario Di Dio e Vincenzo Aiello. Poco tempo dopo abbiamo iniziato le intercettazioni in contrada Margherito, casa del geologo Giovanni Barbagallo. Appena iniziamo a registrare i movimenti di Rosario Di Dio, presso il noto distributore di carburanti, documentiamo i contatti con Vincenzo Aiello. Al centro delle discussioni intercettate c’erano estorsioni e altri affari”.

“Già nel 1994 – dice ancora il maggiore – erano stati denunciati Giuseppe Rindoni e Gesualdo La Rocca, nipote di Francesco, oggi all’ergastolo in via definitiva”.

Qual è stato il ruolo di Aiello – chiede il pm Michelangelo Patanè- nell’organizzazione di Cosa Nostra catanese?”

“Lui -risponde il maggiore Arcidiacono- in passato è stato controllato insieme a Salvatore Santapaola, quando questo era rappresentante provinciale di Cosa Nostra. Da quel momento, Aiello è apparso con un ruolo significativo in ogni operazione antimafia. Anche nel processo per le estorsioni alle acciaierie Megara insieme a boss mafiosi di tutta la Sicilia. Emergono anche i suoi contatti con Nitto Santapaola, molti collaboratori lo descrivevano come suo uomo di fiducia”.

I rapporti tra Aiello, Alfio Stiro e Giovanni Barbagallo (Mpa)

Continua la testimonianza del maggiore Luigi Arcidiacono del Ros. “Giovanni Barbagallo era un professionista con una particolare vocazione politica. L’interesse da parte nostra a intercettarlo c’è stato perché non era un soggetto sconosciuto, già nell’operazione Dionisio è stato documentato il suo rapporto con Enzo Mangion, figlio di Pippo. Barbagallo frequentava i locali della Imseco (dove venivano gestiti gli appalti del Comune di Catania governato da Umberto Scapagnini (Pdl, ndr).

Giovanni Barbagallo era uno dei fiancheggiatori di Umberto Di Fazio. Vincenzo Aiello per relazionarsi con Giovanni Barbagallo ha utilizzato particolari cautele inzialmente. Abbiamo così attivato le intercettazioni telefoniche e quelle ambientali nell’abitazione di Giovanni Barbagallo in cui avvenivano incontri di alto livello. Attraverso le intercettazioni abbiamo trovato le conferme alla presenza in quel luogo di Vincenzo Aiello e altri esponenti della Cosa Nostra catanese. Nel corso delle indagini, quando c’erano le maggiori frizioni con Angelo Santapaola e Nicola sedici, Vincenzo Aiello per rifuggiarsi andava nell’abitazione di Barbagallo e attraverso i suoi uomini inviava disposizioni, si spostava cambiando macchina, era un posto che lui riteneva molto sicuro. Nel corso di quest’attività emergevano i rapporti con Alfio Stiro. Nel corso del 2008 questi rapporti si sono intensificati con l’avvicinarsi delle elezioni amministrative del comune di Gravina di Catania”.

Si tratta del Comune che sino a quel momento era stato amministrato dal sindaco Gaetano Bonfiglio (Mpa). Alfio Stiro, pregiudicato per mafia, ha un genero che si è candidato nella lista dell’Mpa. “In questo contesto -continua il maggiore Arcidiacono- abbiamo intercettato i contatti tra Stiro e Barbagallo per la candidatura. Il genero di Stiro si chiamava Dario Sinatra, risultato il settimo per preferenze nella lista Mpa, uno dei più votati. Le elezioni furono vinte dal candidato sindaco del Pdl. Aiello non era contento del fatto che per la candidatura di Sinatra era stato contattato Barbagallo e non lui in prima persona. Di qui un rimprovero ad Alfio Stiro. Da quel momento documentiamo contatti con tale Orofino, il cui locale La Racchetta veniva utilizzato per incontri della famiglia mafiosa catanese, lo stesso Sinatra Dario si era recato presso la segreteria di Angelo Lombardo nel viale Africa. In altra occasione, nel mese di maggio, in occasione di un elemento conviviale organizzato da Barbagallo, abbiamo documentato la presenza in quel luogo di Alfio Stiro, Finocchiaro Carmelo poi arrestato per associazione mafiosa e Giuseppe Tomasello, arrestato in quest’indagine e anche di Angelo Lombardo”.

Lombardo annuncia dichiarazioni spontanee.

Il presidente della Regione lo comunica nel corso della pausa durante l’esame testimoniale del maggiore Luigi Arcidiacono: “Voglio parlare, ho delle cose da dire, farò dichiarazioni spontanee in aula, così anche oggi avrete qualcosa da scrivere!”.

“Uomo di Lo Giudice era dell’Mpa”

Colpo di scena al processo a carico dei fratelli Lombardo, il maggiore Arcidiacono ha fornito un riscontro alle dichiarazioni del pentito Maurizio Di Gati che aveva parlato dell’ordine di “appoggiare il Movimento per l’Autonomia di Lombardo, in questo partito era transitato il figlio di Lo Giudice Calogero. L’unico che poteva dare queste indicazioni era Bernardo Provenzano”. Il maggiore del Ros ha individuato, carte alla mano, il possibile collegamento tra Vincenzo Lo Giudice, padre di Calogero e l’Mpa. Si tratterebbe di Luigi Cilia, già assessore di Vincenzo Lo Giudice e suo noto uomo di fiducia che si è candidato nel 2006 al consiglio comunale di Canicattì con la lista civica vicina all’Mpa “Sole per Canicattì”.

Quando Maurizio di Gati non era stato ancora arrestato, Cilia, secondo la ricostruzione del maggiore Arcidiacono, era già vicino all’Mpa. “Nel 2006 Luigi Cilia – spiega Arcidiacono – viene eletto come consogliere comunale con un sindaco dell’Mpa. Dal 2006 al 2010 Cilia ha rivestito il grado di membro del comitato provinciale dell’Mpa”.

Parla Lombardo

Sono di una serenità infinita e anche molto soddisfatto per avere partecipato all’udienza perché sentendo e rileggendo gli atti mi viene facile rispondere e soprattutto demolire le tante sciocchezze che ho letto negli atti di questo processo”. Questo ha detto il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, a conclusione dell’udienza del processo. “Non è’ stato difficile smontare tutto quello che abbiamo letto da mesi e mesi in queste carte – ha aggiunto il governatore – non c’è stato alcun impegno per la candidatura di un tal Sinatra, che proveniva da altri, come credo che sarà stato accertato nell’attività di indagine, non c’è dubbio”.

Nessun patrocinio della ditta Safab – ho sottolineato Lombardo – che aveva ben altri patroni in Sicilia. Basta verificare chi l’ha inserita in una delle tante alleanze. C’è anche la mafia, c’è l’interesse dei Santapaola per il termovalorizzatore di Catania. E chi ha patrocinato quello di Palermo? Sicuramente non noi, che abbiamo smontato il sistema dei termovalorizzatori”.

Quanto al pentito Di Gati, che già è stato dichiarato inaffidabile in altri processi su Catania – ha osservato il presidente della Regione – sosteneva altri partiti ed altri candidati nel 2006. Né Lo Giudice, dell’ Udc, è stato vicino a me. Chi faceva riferimento a me si chiama onorevole Roberto Di Mauro”.

Il quarto punto è quello di questi appalti – ha ribadito Lombardo -ma la Regione, con due assessori come Piercarmelo Russo e l’ex prefetto Marino, fa i piani ed è tenuta a destinare le risorse ai vari Ato. Poi, che gli Ato facciano appalti, abbiano in società qualunque tipo di ditte, beh, certamente non è di nostra competenza, assolutamente. Posso assicurare – ha concluso Lombardo – che certamente il nostro comportamento e i nostri atti sono stati tutti ispirati a massima trasparenza”.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI