E’ la solita storia di una sconfitta, con le sue amarezze e l’inevitabile rabbia. Ma la catastrofe del Pd siciliano, soltanto terzo alle regionali, con la candidata alla presidenza, Caterina Chinnici, come il patatrac nazionale, non è arrivata a sorpresa. Era nell’aria a Roma e c’era un chiaro sentore a Palermo. Il centrosinistra non ha saputo sfruttare, prima della sintesi sul nome di Renato Schifani, le spaccature del centrodestra. E ha condotto una campagna elettorale comprimaria, approdata nella cocente terza piazza, alle spalle dello stesso Schifani e del ‘Catemoto’ di De Luca. Si avverte il bisogno di una svolta, come quella reclamata dall’unica Chinnici vittoriosa (Valentina) sul nostro giornale. Il dibattito è questo e si avvia subito.
“Mi assumo solo le mie responsabilità”
“Sono pronto ad assumermi la responsabilità delle scelte che ho fatto, non di quelle che non ho fatto e che non ho potuto in alcun modo impedire”. Così il segretario regionale siciliano del Pd, Anthony Barbagallo nel suo intervento alla direzione regionale del partito, riunita a Palermo. “Mi assumo ogni responsabilità politica ma non mi presto al gioco dei manovratori di palazzo, a chi piega l’interpretazione del dato elettorale ai suoi scopi privatissimi – ha continuato Barbagallo -. Abbiamo perso le elezioni regionali, ma siamo la prima opposizione parlamentare. Il Pd non ha ottenuto il risultato sperato, ma è vivo, resta in piedi, per cui non accetto che si parli del Pd siciliano come di un partito finito. Che lo facciano gli avvoltoi, esponenti di altri partiti che per sopravvivere vogliono erodere pezzi del nostro consenso, è lecito; che lo facciano esponenti del Pd per spirito di rivalsa o che lo facciano i fuoriusciti del Pd per legittimarsi oggi dopo avere corso contro il Pd, dopo avere brigato con gli avversari, dopo avere chiesto ai nostri iscritti di votare altre formazioni politiche, è insopportabile”. Non un autodafè, se non in minima parte. Piuttosto un contrattacco. Secondo l’analisi del segretario Dem: “I numeri ufficializzano la sconfitta, è chiaro, ma testimoniano che il Pd resta in piedi e viene individuato come la forza più credibile contro la destra. E, alle regionali prendiamo più voti delle politiche”.
“Basta con i rancori”
“Il congresso regionale deve essere in linea con quello nazionale. Si dovrà discuterà sulle nuove regole per ricostruire un nuovo partito – dice il vicesegretario nazional Giuseppe Provenzano, intervenuto online -. Anche io sto proponendo di cambiare alcune regole. Adesso, dobbiamo scegliere una linea politica, perché la somma dei rancori non è linea politica, abbiamo invece bisogno di un percorso comune. Le divisioni sulle liste non erano politica. Creiamo un percorso nuovo, dove tutti ci dobbiamo mettere in discussione e aprirci all’allargamento ad altre realtà e al chiarimento politico. Sono in tanti che possono guardare al Pd. La discussione solo fra noi servirà a poco”. E’ un passaggio sulle polemiche per le candidature dei ‘paracadutati romani’. Un tema spinoso, affrontato dallo stesso Barbagallo: “E’ urgente dare esclusivamente alle direzioni regionali il potere di proporre e approvare le liste nazionali, senza dovere passare sotto il giogo delle Forche Caudine dell’approvazione nazionale, che di legislatura in legislatura determinano ferite insanabili. Avrei voluto avere la possibilità di salvare tutti gli uscenti. Non è stato possibile. Il dimezzamento dei parlamentari da un lato e le precise richieste che sono arrivate da Roma e dalle varie anime del Pd, che piaccia o no, hanno fatto il resto”.
Le accuse di Cracolici
E poi c’è Antonello Cracolici, il grande accusatore sulla vicenda delle liste che ha ripetuto parole di fuoco a LiveSicilia.it. Parla in direzione e attacca: “Non abbiamo perso le elezioni lo scorso 25 settembre, le avevamo già perse prima, per gravi errori politici compiuti dalla direzione nazionali, a partire dal mettere in discussione, dopo anni, la prospettiva di alleanze, che ha avuto immediatamente ricadute. Il peso della partita siciliana non c’è stato, anche nel dibattito nazionale. Avevo manifestato la contrarietà a rompere il patto con il M5s, ho il rammarico di non avere insistito – affonda Cracolici -. Venuta meno la forza del partito siciliano e della sua centralità, gli errori sono stati a catena. Compreso le liste. Il tema è stato politico, il partito nazionale ha gestito la questione del partito regionale come una pratichetta, ed è passato il messaggio che la classe politica siciliano non conta nulla. E questo ciò che è stato detto all’opinione pubblica siciliana. Siamo un partito litigioso, e per questo la gente ci disprezza”.
La delusione di Miceli
“Sono molto deluso dalla relazione del segretario e dall’andamento della direzione. Abbiamo mancato l’appuntamento con la storia, consentendo alla peggiore destra di sempre di mantenere il governo della Regione e di conquistare quello nazionale e lo abbiamo fatto per l’incapacità di offrire agli elettori, specie in Sicilia, una proposta politica chiara”. Ecco l’attacco del deputato uscente Carmelo Miceli, consigliere comunale Pd a Palermo, nel corso della direzione regionale del partito che si svolge a Palermo. “Non abbiamo parlato a nessuno – dice Miceli -. Non abbiamo parlato al ceto debole e neanche a quello produttivo. Dinanzi al richiamo alla rabbia della destra e del Movimento 5 stelle, non siamo stati in grado di offrire uno straccio di patto sociale, neanche una proposta che potesse cogliere il disagio di chi ormai non riesce ad arrivare a fine mese. E lo abbiamo fatto tra mille difficoltà anche organizzative”.
L’affondo di Rubino e Lupo
“Il Pd siciliano deve avviare una stagione dove inizia a ridisegnare se stesso. E’ necessaria una costituente nazionale e siciliana. La stagione unitaria, che ha chiesto al segretario di essere il riferimento del partito in Sicilia, oggi non c’è più – dice Antonio Rubino, coordinatore di Left Wing -. Scorrendo la lista dei candidati alle Politiche, sembra che sia stata costruita una profonda contraddizione tra quello che ci è stato raccontato e quello che poi è successo alle elezioni. In questa stagione politica sono state tradite le emozioni di una comunità che, a un certo punto, non ha capito più nulla su cosa stavamo facendo. Non possiamo essere dominati da faide e rancori, da vendette. Ed è per questo che ritengo che in Sicilia vada avviata una stagione costituente ancora più forte di quella lanciata dal segretario nazionale”. “I congressi del Pd devono partire dai territori. E’ urgente celebrare entro l’anno quello del partito siciliano. Fare solo il congresso nazionale, senza aprire quello del partito in Sicilia, è come mettere un po’ di cipria sulle macerie”. Ecco la chiosa di Giuseppe Lupo, capogruppo uscente all’Assemblea regionale siciliana e ‘grande escluso’. Lupo, con Carmelo Miceli, Antonio Rubino, Teresa Piccione, Rino La Placa, Fausto Raciti e Teodoro La Monica, ha firmato un ordine del giorno in cui si chiede la convocazione del congresso regionale del Pd siciliano, entro il 2022. Si tratta soltanto di fissare l’inevitabile resa dei conti. (Roberto Puglisi)
Aggiornamento
La direzione regionale del PD Sicilia, presieduta da Antonio Ferrante, ha approvato la relazione del segretario regionale Anthony Barbagallo, oggi pomeriggio al termine di una lunga riunione iniziata stamattina al San Palace, a Palermo, e terminata nel pomeriggio. La relazione ha ricevuto 75 voti favorevoli, 14 contrari e 1 astenuto.