PALERMO – Cinque persone finiscono in carcere. A cominciare da John Pipitone, figlio di Giovan Battista, storico boss di Carini all’ergastolo per l’omicidio di Giampiero Tocco.
È la famiglia del paese in provincia di Palermo ad essere colpita dal blitz dei carabinieri. Un’operazione in continuità con quella che la scorsa estate ha azzerato il mandamento palermitano di San Lorenzo di cui Carini fa parte. Forte della discendenza mafiosa, Pipitone, 42 anni, avrebbe preso in mano il potere. Al suo fianco avrebbero agito altre quattro persone, alcune delle quali con alle spalle un lungo periodo di detenzione. Il carcere non li avrebbe rieducati.
Quando a luglio scorso finirono in carcere Salvo Genova, considerato il capo mandamento di Resuttana (mandamento contiguo a quello di San Lorenzo-Tommaso Natale) e il suo vice Sergio Giannusa, a Carini scoppiò il panico. Sapevano che presto la Procura della Repubblica avrebbe bussato alle porte del paese. Avevano capito di essere stati pedinati e fotografati.
Gli indagati rispondono a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate e reati in materia di armi. Avrebbero anche gestito una condotta idrica abusiva: fornivano acqua a pagamento a una consistente fetta della popolazione che non aveva altre possibilità di approvvigionamento.
Un altro tassello delle indagini era stato aggiunto alla viglia delle elezioni regionale del settembre 2022. Finì in carcere Giuseppe Lo Duca, condannato lo scorso ottobre a undici anni, un mese e dieci giorni. Il processo va avanti per Salvatore Ferrigno, il broker assicurativo e politico tornato dall’America con nuove ambizioni che sarebbe stato favorito dallo scambio elettorale. Cinquemila euro per garantire i voti in “quattro paesi”. Ex deputato nazionale di Forza Italia, Ferrigno era candidato nella lista di centrodestra “Popolari e autonomisti Noi con la Sicilia”.