CATANIA – “Egemone nel centro città, la famiglia Santapaola Ercolano continua a essere suddivisa in gruppi o squadre”. Queste squadre assumono “la denominazione del quartiere di riferimento”. Ad esse “viene riconosciuta una certa autonomia organizzativa e decisionale”. Ma i capi, alla fine, sono sempre loro.
E sono loro, il vertice delle due famiglie mafiose che un tempo rispondevano alle figure carismatiche di Nitto Santapaola e Aldo Ercolano, a decidere chi deve muoversi. È l’istantanea di Cosa Nostra catanese realizzata dalla Dia, nella relazione semestrale che ha depositato in Parlamento e che è stata annunciata ieri alla stampa.
Non è certo un’immagine limpida: i Santapaola sono piuttosto un quadro a tinte fosche dove regna il rosso sangue. Hanno stretto alleanze in più di mezza Sicilia e il loro potere non fa che crescere.
I Santapaola fuori provincia
Il clan Santapaola Ercolano, lo dice anche la Dia nella sua relazione, ha influenza sulle organizzazioni del Peloritano, “mantenendo consolidati e funzionali rapporti con le famiglie di Mistretta, Barcellona Pozzo di Gotto e con quelle operanti nel quadrante nebroideo”.
Inoltre, attraverso gli eredi mafiosi del boss Ciccio La Rocca, è forte nel Siracusano e in tutta la vasta area del Calatino, comprese Enna, Caltanissetta e Ragusa.
Droga e pizzo
“Sebbene severamente colpita dalla sempre più incisiva azione di contrasto istituzionale, la consorteria dei Santapaola Ercolano rappresenterebbe la massima espressione di cosa nostra nel territorio catanese – scrive ancora la Dia – dotata di spiccate e lungimiranti capacità evolutive, soprattutto avuto riguardo le regole di affiliazione”.
“Le strategie operative sono sempre rivolte alla ricerca di capitali utili al sostentamento dell’organizzazione come quelli derivanti dall’imposizione del “pizzo” e dalla gestione del traffico di stupefacenti, peculiarità, queste, congeniali a tutte le consorterie criminali. Tale assunto emerge dagli esiti delle operazioni poste in essere dalle Forze di polizia nel semestre in esame”.
Gli altri gruppi attivi a Catania
Nella città di Catania, alla presenza di uno dei più importanti clan della Sicilia, si aggiunge la presenza di altri storici clan. La Dia elenca le presenze dei Cappello Bonaccorsi (che a loro volta hanno numerosi sotto-gruppi), dei Laudani, dei Pillera Di Mauro, degli Sciuto Tigna, dei Cursoti Milanesi, dei Piacenti e dei Nicotra”.
Tutti gruppetti che, “sebbene declinati secondo il modello tipico mafioso, risultano ben distinti da cosa nostra”. Loro sono qualcosa di diverso. Non sono “uomini d’onore”. La loro organizzazione e il loro modello, tutt’al più, è più vicino alle organizzazioni “stiddare” che non a Cosa Nostra.
Una mafia ad “assetto variabile”
Secondo la Dia, la “principale peculiarità” catanese è il fatto di aver creato “una mafia ad assetto variabile che vede la coesistenza di più sodalizi criminali”. Gruppi mafiosi, insomma, che spesso coesistono “nei medesimi spazi territoriali”. Il tutto, ovviamente, sarebbe “funzionale alla realizzazione di affari illeciti con interazioni non necessariamente violente”.
Questo aspetto, spiegano gli investigatori “trova conferma negli esiti delle investigazioni concluse nel semestre come in “Slot Machine” e “Car Back” in cui si riscontra l’interazione, rispettivamente, tra la famiglia Santapaola-Ercolano e il clan Cappello e tra questi ultimi e i Cursoti Milanesi”.