Agrigento, "uva, pizzo e macchinette": blitz, 9 arresti

Agrigento, “uva, pizzo e videopoker”: 9 arresti fra boss e stiddari NOMI

Operazione fra Palma di Montechiaro e Favara

AGRIGENTO – Cinque persone in carcere, 4 agli arresti domiciliari e una con l’obbligo di dimora. Sono i numeri del blitz “Condor” dei carabinieri del Comando provinciale e del Ros in provincia di Agrigento.

L’inchiesta ‘Xydi’

L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Palermo Paolo Guido e dal sostituto Claudio Camilleri, è un seguito dell’operazione denominata ‘Xydi’ del 2 febbraio del 2021.

Allora il Ros arrestò anche due poliziotti e la penalista, mancata collaboratrice di giustizia, Angela Porcello, che avrebbe trasformato il suo studio legale di Canicattì nel quartier generale del mandamento di Cosa Nostra, veicolando all’esterno i messaggi del boss Giuseppe Falsone.

Lo scorso 6 dicembre è stata condannata a 15 anni e 4 mesi di reclusione. Venti anni sono stati inflitti all’imprenditore mafioso Giancarlo Buggea, di Campobello di Licata, ex compagno di Porcello.

I nomi degli arrestati

Sono in corso 23 perquisizioni personali e locali (di cui 3 in carcere). La Dda ha ricostruito gli assetti mafiosi a Favara e Palma di Montechiaro dove comanderebbero rispettivamente Nicola Ribisi e Giuseppe Sicilia. In carcere finiscono i capi delle famiglie mafiose di Palma di Montechiaro e Favara: si tratta di Nicola Ribisi, 42 anni, e Giuseppe Sicilia, 43 anni.

A Ribisi, ufficialmente disoccupato, lo scorso anno furono sequestrati beni (tra cui una lussuosa villa con piscina) per un valore di 750 mila euro. Giuseppe Sicilia, detenuto nel carcere di Novara, è ritenuto il vertice del clan di Favara ed era già stato arrestato nell’operazione Xidy nel febbraio scorso oltre che ad essere “sfiorato” nell’inchiesta della Dia “Kerkent” sulla scalata del boss Antonio Massimino.

Insieme a loro sono stati arrestati Domenico Lombardo, 31 anni, commerciante di Agrigento; Giuseppe Chiazza, 51 anni, disoccupato di Palma di Montechiaro; Baldo Carapezza, 27 anni, operaio di Palma di Montechiaro.

Ai domiciliari Salvatore Galvano, 52 anni, titolare di un deposito giudiziario ad Agrigento, arrestato venti anni fa nell’operazione antimafia “San Calogero”; Ignazio Sicilia, 47 anni di Favara, fratello di Giuseppe, pure lui in carcere 20 anni fa nello stesso blitz; Francesco Centineo, 38 anni, disoccupato residente a Palermo; Giovanni Gibaldi, 35 anni, di Licata. Obbligo di dimora per Luigi Montana, 51 anni di Ravanusa.

A Palma di Montechiaro dove Cosa Nostra è affiancata da un’organizzazione mafiosa locale, “il paracco”, che si muove sul modello della stidda.

Ed è proprio un gruppo di stiddari che a Palma di Montechiaro ha preso le redini del traffico e dello spaccio di sostanze stupefacenti.

L’affare dell’uva

Le indagini hanno fatto emergere le mire espansionistiche di uno degli indagati che voleva spingersi fino al Villaggio Mosè di Agrigento. La mafia controlla una serie di attività economiche. Si rinnova l’interesse, già emerso in passato, per la mediazione nella vendita dell’uva. I boss prendono una percentuale sulle compravendite. Un affare che ha fatto gola anche alla ‘ndrina calabrese dei Barbaro di Platì.

Poi ci sono gli affari delle macchinette videopoker (sono i mafiosi a stabilire chi deve piazzarle e in quali locali) e le estorsioni. Chi non paga subisce danneggiamenti e incendi. Il blitz svela l’intimidazione subita da un imprenditore, costretto ad astenersi dalla partecipazione ad un’asta giudiziaria per la vendita di alcuni terreni.


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