CATANIA – C’è un filo che lega saldamente il servizio sociale con quello sanitario, la vita degli anziani con la mobilità pubblica e le esigenze delle famiglie con tutte questi settori e con molti altri. E poi, nel calderone dei bisogni, ci sono le esigenze dei disabili, l’assistenza di prossimità e persino la telemedicina.Secondo la Cgil di Catania è necessario che le istituzioni tengano in gran considerazione i legami reali tra queste aree sociali e di cittadinanza e l’utilizzo dei fondi che verranno assicurati alla città e alla sua provincia grazie al Recovery Fund.
Il PNRR, il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, è da mesi al centro di una riflessione da parte della Cgil nazionale ma anche la Camera del lavoro e le sue categorie hanno già avviato una valutazione di quali dovrebbero essere le indicazioni di spesa da parte del sindacato. “L’obiettivo non è solo dare voce al sindacato anche su questo importante passo di questi mesi difficili segnati dalla pandemia – spiega il segretario generale della Cgil di Catania, Giacomo Rota- ma sopratutto contribuire concretamente ad indicare quali siano alcuni percorsi da seguire nell’investimento di questi preziosi fondi pubblici necessari alla ripartenza definitiva. I nostri suggerimenti arrivano grazie alla nostra esperienza quotidiana, a sua volta conquistata sul campo delle lotte a favore dei lavoratori o di chi un lavoro l’ha perso”.
La riflessione parte dallo Spi Cgil, il sindacato dei pensionati, che segnala il rapporto tra l’esigenza di una Catania smart city anche nella mobilità e una generazione di cittadini che si avvia ad essere sempre più numerosa: quella degli anziani che, fortunatamente, aspirano a tempi di vita ben più lunghi dei loro padri.
“Se guardiamo al PNRR , non possiamo non indicare l’esigenza che il Trasporto pubblico locale che a Catania registra storicamente troppi difetti funzionali, sia ripensata anche a misura di anziano. Troppe tratte provenienti dall’hinterland sono state soppresse, ad esempio, e gli stessi mezzi di trasporto non sono adeguati. Ma anche le frequenze dei bus sono ancora esigue. Gli anziani attendono troppo tempo alle fermate, senza poter ammortizzare in altro modo i tempi di attesa.Ecco perché come Spi pensiamo che i Comuni debbano stringere un patto su un modello di trasporto pubblico unico, e uguale per tutto l’hinterland”. Altro tema legato alle spese del Recovery Fund è di certo l’edilizia che vissuta dal mondo dei più anziani assume significati non sempre tenuti in reale considerazione.
“Dai luoghi pubblici all’aperto, incredibilmente sprovvisti di panchine, all’edilizia popolare dove alle case veramente vivibili, – continua De Caudo- si sostituiscono enormi casermoni popolari con barriere architettoniche che di certo non permettono agli anziani – per esempio quelli in sedia a rotelle- di uscire o rientrare nei loro stessi appartamenti con facilità. Ecco gli esempi di non comprensione delle esigenze dei cittadini più anziani. La riqualificazione degli immobili è invece un passaggio chiave che deve essere posto tra le priorità”.
E poi c’è la sanità che per tutti i cittadini, ma in particolare per i pensionati, deve coincidere sempre più con la Medicina del territorio. Lo Spi Cgil chiede più Presidi territoriali di assistenza (PTA) perché sarà proprio la possibilità di accedere alle cure senza passare dal pronto soccorso a svuotare finalmente quest’ultimo e a rassicurare I cittadini più fragili. Infine, un capitolo a parte andrebbe dedicato al rafforzamento delle RSA, “ossia le residenze sanitarie – conclude De Caudo- del cui numero esatto nel nostro territorio non è possibile venire a conoscenza. Chiediamo un rafforzamento di queste strutture, e regole certe. Più volte abbiamo chiesto all’Asp molta attenzione su questo tema e crediamo che anche investire nella giusta maniera le risorse della Recovery in questa direzione possa essere una scelta saggia”.
Immediatamente contiguo al pianeta anziani, così come a qualunque cittadino, è il comparto Sanità al quale da sempre si dedica la categoria della Funzione Pubblica Cgil di Catania. L’idea del sindacato è che la salute pubblica debba prendere le mosse dalle esigenze reali del territorio. Per il segretario generale della Fp Cgil di Catania, Gaetano Del Popolo, “Catania, ma in generale tutto il Meridione ha un rapporto di assistenti sociali per abitanti superiore a 1 a12000; la legge finanziaria prevede contributi per i Comuni e i distretti che risiedono al di sotto del rapporto 1 a 6500. In queste condizioni non solo non si potrà attingere alle risorse, ma si resterà anche nella posizione di “fanalino di coda” per il mancato potenziamento dei servizi. I Comuni e i Distretti dovrebbero gestire direttamente questi servizi senza utilizzare soggetti terzi e soprattutto senza avvalersi di prestatori d’opera a partita IVA”.
Gli assistenti sociali comunali ad esempio sono solo 46, con 2 pensionamenti imminenti, a fronte dei 77 che sarebbero previsti in dotazione organica. Ma sono anche altri i numeri che bisognerebbe tenere in mente quando si ragiona in termini di nuovi investimenti legati al Recovery Fund. La Funzione pubblica segnala ad esempio che “su Catania, su 149 Servizi Sanitari di Base (Distretti socio sanitari) attualmente solo 81 sono coperti con la figura del Dirigente medico, ma nel corso del 2021 con i pensionamenti previsti di 11 dirigenti e a causa di una delibera che il sindacato contesta e che sottrae altre 15 unità, si scenderebbe a 55”.Infine, conclude Del Popolo, “possiamo con certezza affermare che ormai tutti gli enti locali mancano di figure tecniche, e si tratta proprio di quelle che servirebbero per investire al meglio i fondi del Recovery. Ed è giusto sottolineare che nonostante le carenze di organico, gli enti continuano a contare molte unità di personale in regime di part time e lavoratori con contratto a tempo determinato, non ancora stabilizzati”.