Quattrocentosessantacinque mila euro esportati all’estero e finiti in parte nelle casse di “Dorotheum”, nota casa d’aste di gioielli e oggetti di antiquariato. Centosessantamila euro (per essere precisi 160.633) importati da Belgio e Lussemburgo. Bonifici bancari che portano la firma di Raffaele Lombardo e della moglie Saveria Grosso. Cifre e date sono contenute all’interno di un’informativa del Gico, agli atti dell’operazione Iblis, che Livesicilia è in grado di svelare. In esclusiva.
A passare al setaccio i conti correnti del presidente della Regione e della moglie sono stati gli investigatori del Gico di Catania. I risultati sono raccolti all’interno dell’informativa del 24 settembre 2010 che contiene cifre, importi e date. E un’accusa esplicita: “L’indagato Lombardo Raffaele, così come la moglie risultano avere effettuato movimentazioni di capitali da e per l’estero a fare data dall’anno 1999”.
Di più: “È emerso – scrivono gli investigatori – che tutte le operazioni da e per l’estero risultano effettuate con l’intermediario Banca Agricola Popolare di Ragusa”. Secondo il Gico le movimentazioni di importazione di denaro dall’estero all’Italia sarebbero di circa “10mila–20mila euro/anno”; al contrario le movimentazioni dall’estero all’Italia “sono di importi più rilevanti e, allo stato delle indagini, non in linea con il profilo economico dell’indagato”.
Nello specifico Raffaele Lombardo, secondo la ricostruzione del Gico:
– nel 1999 importa capitali dall’estero per lire 54.000.000.
– dal 2002 al 2009 (quando era presidente della provincia di Catania) importa ulteriori capitali dall’estero per €132.745 raggiungendo una movimentazione complessiva di capitali in entrata pari a €160.633.
– a partire dal 2004 sino al 2009, lo stesso ha esportato capitali all’estero, prevalentemente in Austria, pari a €278.285.
“Il saldo – sottolineano gli investigatori – differisce in favore dell’esportazione per €117.652”. Saveria Grosso, moglie di Raffaele Lombardo, effettua “solo trasferimenti di denaro per l’estero destinandoli, come il marito, in Austria presso l’istituto bancario Creditanstalt per complessivi €186.802,00”.
Carte alla mano gli investigatori concludono che “la cifra complessivamente esportata nel tempo dai coniugi Lombardo ammonta a € 465.087, mentre € 160.633 sono stati movimentati in entrata dal Belgio e dal Lussemburgo, determinando un saldo in favore dell’esportazione di € 304.454”.
Circa 360 mila euro dei fondi “esportati” finiscono nel conto corrente della Dorotheum, azienda specializzata nel commercio di oggetti d’arte, diamanti e quadri di alto valore. Non è conosciuta allo stato delle indagini la provenienza di circa 160 mila euro dal Belgio finiti sul conto corrente di Raffaele Lombardo.
Ma c’è anche un’analisi patrimoniale. A fronte di “sei fabbricati” e “ventotto terreni” intestati alla moglie, il presidente della Regione possiede solo il 95% dell’usufrutto di un appartamento di proprietà di Saveria Grosso. Insomma, il presidente della Regione, secondo l’analisi patrimoniale effettuata dal Gico della Guardia di Finanza catanese, è praticamente un nullatenente.
Dopo le note vicende giudiziarie che lo portarono all’arresto nel 1992 e 1994 (e poi all’assoluzione), nel 1995 effettua la separazione legale dei beni dalla moglie. Da quel momento “non acquista più beni in regime di comunione legale e nel frattempo dismette anche il patrimonio di sua proprietà”.
Saveria Grosso, “invece – scrivono gli investigatori – in regime di separazione effettua il suo primo e maggiore investimento tra la fine del 1998 e i primi del 1999 con l’acquisto di oltre 25 ettari di terreno e annesso fabbricato rurale per lire 1.250.000.000″. “Si tratta di un’indagine meramente conoscitiva – spiega a Livesicilia l’avvocato Tommaso Tamburino, legale di Raffaele Lombardo – allo stato non abbiamo conoscenza di richieste di sequestro preventivo. Stiamo completando il lavoro di analisi dei documenti e siamo sempre più sicuri di poter dimostrare la totale estraneità del nostro assistito rispetto alle ipotesi di fattispecie contestate, soprattutto alla luce della nota sentenza Mannino”.