Catania, affari e violenza: i piani d'azione della mafia - Live Sicilia

Catania, affari e violenza: i due piani d’azione della mafia

C'è un clima di tensione a livello militare. Parallelamente le infiltrazioni sommerse continuano.
LO SCENARIO CRIMINALE
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Ci sono due livelli di mafia a Catania. Due piani, quello basso e militare e l’altro alto e affaristico-finanziario, che si sfiorano ma non si toccano. Il punto di contatto dei due volti di Cosa nostra per decenni è stato Nitto Santapaola, che è riuscito da una parte a ordinare omicidi e dall’altra a tenere rapporti con pezzi dell’imprenditoria e delle istituzioni. Ma dalla sua cattura, ormai trentennale, la struttura si è modificata. Nel 2009 la fotografia plastica di questa divisione era l’aver eletto un capo militare come Santo La Causa, poi diventato pentito nel 2012, e aver nominato un ‘leader degli appalti’ come Enzo Aiello deputato a tenere i rapporti con imprenditori e politici. L’inchiesta Iblis del Ros – poi cesellata dalla sentenza definitiva – ha rimarcato questa doppia organizzazione manageriale e militare. La batosta – scoccata ormai oltre un decennio fa – è stata forte. Cosa nostra catanese si è leccata le ferite e ha riprogettato le fondamenta del grattacielo. Ma la rete di infiltrazione non è stata del tutto svelata. E ci sono segnali che Cosa nostra abbia i capitali neri e gli uomini (in giacca e cravatta) necessari per addentrarsi nelle stanze dei bottoni. In modo da inquinare e controllare flussi finanziari e burocratici. Le indagini hanno bloccato l’espansione del clan Santapaola-Ercolano sul gaming online, sulle grandi opere, sul sistema dei rifiuti, sulla logistica.

Ma esiste pure un mondo di mezzo nella mafia. Quello raccontato nel 2017 nell’informativa Chaos, con Antonio Tomaselli (delfino degli Ercolano) che è riuscito ad appropriarsi della ‘carta delle estorsioni’ ma nel frattempo aveva ‘creato piccoli regni imprenditoriali’ tra parcheggi e cemento. Ed è nelle estorsioni che si muove ‘il mondo di mezzo’ della mafia. Perché è la finestra per infiltrarsi nell’economia legale. Mimetizzandosi da amico buono il boss di turno mette al cappio l’imprenditore terrorizzato dal cognome mafioso. E quando non ci saranno più risorse per pagare il pizzo, la richiesta (anzi la minaccia) sarà quella di cedere la società, l’impresa, la ditta. Così la mafia, alla spasmodica ricerca di sistemi per ripulire e riciclare i soldi sporchi, soffoca i mercati. La mafia si fa impresa. E diventa concorrente spietata e sleale. Ad Adrano, pochi mesi fa, i Lo Cicero – la nuova cellula dei Mazzei – hanno provato a piegare un imprenditore del movimento terra che aveva anche un distributore e un bar tabacchi. Quell’uomo ha deciso di denunciare. Ma purtroppo in alcuni comuni alle falde dell’Etna è ancora una rarità trovare commercianti disposti a rivolgersi alle forze dell’ordine. 

L’implosione più forte è quella che la magistratura catanese ha inferto al ‘livello militare’ della mafia, che ha creato la rete di controllo del territorio attraverso le piazze di spaccio. Da San Cristoforo a Librino, fino a Trappeto Nord e San Leone. La vendita di cocaina e marijuana (dalla potente skunk alla richiestissima amnesia) hanno fatto ingrossare le casse dei gruppi mafiosi: i Nizza per i Santapaola, i Cappello, i Cursoti-Milanesi. E molti di questi soldi sono serviti per comprare armi. Ma con gli arresti, a piede libero sono rimasti ragazzini – anche appena maggiorenni e ventenni – che girano armati per Catania. Baby boss, molti figli e nipoti di personaggi di peso della vecchia guardia della mafia, che sono pronti a risolvere con il fuoco qualsiasi problema o discussione. Non solo criminale. Si parte dalla spartizione dello spaccio, che potrebbe essere il movente dei due ferimenti accaduti nell’arco di poche settimane in piazza Montana a pochi passi da via Ustica (noto take away dello spaccio catanese) e in via Santo Cantone a Nesima. Il fatto più inquietante è avvenuto però al porto di Catania, davanti ad una discoteca. Una sparatoria preceduta da una rissa: pare che dietro ci sia una tensione tra gruppi storicamente nel filo dello scontro. Domenica scorsa, infine, un carabiniere libero dal servizio ha bloccato una discussione di ragazzini davanti a un locale della playa, Il nipote di Roberto Vacante aveva in tasca una pistola con il colpo in canna. Il clima è sempre più sovrapponibile ai baby camorristi napoletani che per ‘farsi sentire’ fanno le stese, cioè colpi in aria a raffica dai motorini. Qualcosa di molto simile è accaduto anche a San Berillo Nuovo meno di un mese fa. 


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