CATANIA – “Il clan che ha un peso all’interno del Porto di Catania è il clan dei Puntina; personalmente ho chiesto appoggio per fare arrivare stupefacente dal Sud America”.
Il collaboratore Carmelo Liistro, ex uomo di fiducia dei Cappello, ha svelato ai finanzieri gli interessi del clan Puntina nel porto etneo, facendo nomi e cognomi.
I suoi verbali sono contenuti nell’ordinanza del Gip Dorotea Catena, basata sulle indagini del gruppo operativo antidroga del Gico e coordinate dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dalle sostitute Tiziana Laudani e Michela Maresca.
Catania, il pentito svela gli affari nel porto
Il racconto del collaboratore inizia dai traffici di droga del 2017 e del 2020. “Nel primo caso – mette nero su bianco Liistro – mi aveva chiesto aiuto Giuseppe Zullo, il quale è un mio coimputato nel procedimento di Reggio Calabria e che mi aveva chiesto se avessi un porto presso cui fare arrivare lo stupefacente, in particolare la cocaina”.
Liistro racconta di essersi rivolto a un certo “Caserta”, un coimputato nel procedimento di Reggio Calabria che si sarebbe occupato di traffici di cocaina.
Attraverso Caserta, l’allora affiliato ai Cappello-Bonaccorsi sarebbe entrato in contatto con i Puntina: bisognava parlare con loro per fare qualsiasi cosa nel porto di Catania.
La famiglia Puntina avrebbe “gestito la ditta che si occupa dei container” nel porto etneo, ma in quell’occasione il traffico di droga non andò in porto.
I calabresi e la cocaina a Catania
“Nel 2020 Giuseppe Cacciola di Rosarno e mio coimputato – continua il collaboratore – mi chiese insieme al cugino, tale Salvatore, se potessi fare arrivare stupefacente al porto di Catania; parlai con Massimo Cappello il quale, a sua volta, parlò con Rocco Ferrara. Quest’ultimo ci diede risposta positiva, dicendo che aveva parlato con qualcuno del clan dei “Puntina” e forse parlò con Angelo che ho riconosciuto prima in foto o con Romano, uno dei capi del clan”.
Ma a causa della pandemia, anche quell’operazione fallì. La famiglia Puntina, ha svelato il collaboratore, “chiedeva una percentuale pari al 30 – 40% del prodotto trasportato”. Una tariffa simile a quella praticata dai gruppi che controllano il porto di Gioia Tauro.
L’impresa dei Puntina
La movimentazione delle merci nel porto di Catania sarebbe stata controllata da una società gestita dal clan Puntina, “senza il consenso della quale non si può scaricare cocaina presso il porto di Catania – ha detto il pentito -. Credo che il proprietario della ditta sia proprio un loro familiare. So che loro riescono ad evitare i controlli al porto ma non so dire come”.
All’interno dei containers con la droga provenienti dal Sud America, i reparti antidroga installano dei sensori con un allarme “antintrusione”. “Per questa ragione – ha confidato Liistro – adesso lo stupefacente viene occultato nelle paratie laterali o nel tetto del container se è di ferro. In alternativa può essere custodito nei vani motore del refrigeratore che può essere smontato in quattro pezzi ma che può contenerne al massimo 20 kg”.
I riconoscimenti fotografici
I pubblici ministeri mostrano a Liistro alcune fotografie e il collaboratore riconosce Angelo Sanfilippo, chiamandolo “Angelo Puntina Di Mauro, trafficante di stupefacenti appartenente al clan Puntina”, dal quale si sarebbero riforniti “abitualmente” anche importanti esponenti della criminalità organizzata catanese, tra i quali Massimo Cappello ed Emilio Gangemi.
“Non so riferire quali siano i suoi canali di approvvigionamento – ha aggiunto il collaboratore – Massimo Cappello e Emilio Gangemi spesso acquistavano da Angelo “Puntina” diverse partite di stupefacenti. Ha come punto di riferimento un chiosco su via Santa Maria delle Catene. Ha un rifornimento “Q8″ al v.le della Regione a Catania che a volte è utilizzato come punto di incontro tra affiliati al clan Cappello e il Di Mauro stesso, in qualche occasione sono stato presente anche io”.
Gli inquirenti sottolineano che l’uomo riconosciuto da Liistro è Angelo Sanfilippo e registrano il suo timore nell’utilizzo dei telefonini. Sono solo i primi passi dell’indagine che ha portato all’arresto di 6 persone.