“Sì, va bene, parliamo della Sicilia in crescita. Io non tengo molto alle esposizioni, perché il merito politico di quello che succede è del presidente Schifani, che ha impresso una vera svolta”.
Chi è Alessandro Dagnino, 49 anni, professore e avvocato tributarista di chiara fama, assessore all’Economia del governo Schifani? Anche con una semplice telefonata si intuisce il personaggio. Allergico al palcoscenico. Amante della sostanza dei numeri. Efficace nell’azione. Liberamente parafrasando, il classico compagno di classe che non alza mai la voce e prende tutti dieci. Qui si parla, appunto, di Sicilia, di prospettive e di progressi. E scusate se non è poco.
Assessore, cominciamo dalla novità sulle aliquote fiscali. Approfondiremo nel corso della chiacchierata. Cosa è accaduto?
“E’ accaduto che, con le nuove norme di attuazione dello Statuto siciliano in materia finanziaria, potremo modificare le aliquote, beninteso solo ad alcuni tributi statali, e prevedere esenzioni, detrazioni e deduzioni per i siciliani”.
Meno tasse per tutti?
“Non proprio così, ora spieghiamo”.
Ma come ci si è arrivati?
“Semplice a dirlo, più difficile a farlo. Grazie ai conti in ordine, ai risultati delle agenzie di rating che ci premiano, all’abbattimento del disavanzo. Senza l’autorevolezza del presidente della Regione, che ha gettato il cuore oltre l’ostacolo, non sarebbe stato possibile raggiungere questo risultato. Il momento è molto favorevole”.
Sarà anche un po’ merito suo, no?
“Come le dicevo…”.
D’accordo, le garba il profilo riservato. L’agenzia Fitch definisce ‘stabile’ il rating della Sicilia. Ed è l’ultimo di una serie di riconoscimenti obiettivi. Perché?
“Per la politica liberale messa in campo dal governo Schifani che ha permesso un cospicuo aumento degli investimenti e la crescita del Pil, con il miglioramento dei conti. Vorrei sottolineare l’accelerazione cospicua della spesa pubblica”.
Questa cosiddetta ‘fiscalità’ per lo sviluppo a cosa può portare concretamente?
“Sono innumerevoli le declinazioni possibili: pensiamo all’attrazione di investimenti esterni e a misure per sostenere le imprese e i siciliani, inclusi i più fragili”.
Si è parlato anche di ‘modello Portogallo’.
“Nel senso di attrarre nuovi residenti che, anche grazie alle agevolazioni, potrebbero pensare di trasferirsi in Sicilia che è già attraente per la sua bellezza. Pensiamo non soltanto ai pensionati, su cui si è focalizzato il Portogallo, ma anche al capitale umano capace di contribuire maggiormente all’economia dell’isola, come nomadi digitali e startupper. Sono punti su cui stiamo studiando apposite misure”.
Ma il senso complessivo di un cambiamento dove può stare?
“Nella possibilità di attuare una vera politica fiscale. Ci si è arrivati dopo una strada tortuosa e difficile, partendo da un rapporto con il massimo grado di dipendenza dal governo centrale. Adesso siamo a uno snodo storico, è la prima volta, infatti, che succede, di cui ci sentiamo oltremodo responsabili. Ci sono le leve per cambiare davvero la Sicilia e darle una prospettiva confortante. Siamo finalmente artefici del nostro destino”.
Ed eccoci alle variazioni di bilancio che a breve approderanno in Aula. Il clima in Assemblea, per via dell’inchiesta sulla presunta corruzione, non è proprio serenissimo. Si aspetta sorprese?
“No, mi aspetto il senso di responsabile attenzione che ho già sperimentato. Il messaggio è chiaro: il governo Schifani sta andando avanti con una politica di sviluppo e con molta sensibilità di ascolto. I tempi, fin qui, sono stati confortanti. Eventuali battute d’arresto non avrebbero senso”.
Niente ‘mance’ questa è la parola d’ordine.
“Sviluppo, emergenze e sociale sono le linee guida di questa manovra, che punta a potenziare la spesa per investimenti. Le misure a carattere territoriale vanno ricondotte agli impegni in termini imparzialità, eguaglianza e continenza, assunti dal presidente a seguito dei rilevi del Mef. Dopo tantissimi anni, il divario con il resto d’Italia si sta notevolmente accorciando. Siamo sulla buona strada”.
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