PALERMO- Delle polemiche puntute, delle allegre boccacce, delle provocazioni con slavina di ritorno, tra Philippe Daverio e certa Sicilia iconografica, sappiamo quasi tutto. Sicché sembra inutile ripercorrere il diario dei rispettivi scazzi. Essendo il web anche un mare pescoso di parole che odiano, non soltanto quello, per fortuna, ciascuno potrà farsi un’idea della questione deflagrata nuovamente sui social dopo la notizia della morte del critico. Ma non vale la pena.
In un abbondare di benedizioni e commossi addi ci sono gli irriducibili che non dimenticano. Per esempio la famosa vicenda del ‘cannolo’, quando il mite Philippe espettorò certe dichiarazioni che avrebbe potuto evitare ed ebbe contro di sé una muraglia di critiche, perché ‘Giusto quei petti sdegno commosse’. Ma un piccolo episodio, forse alcuni dispettucci, di retoriche pugnaci non giustifica né l’oblio, né il rancore. E non vale nemmeno la pena, appunto, di rifare la storia: ben altri sono gli ostacoli con cui l’orgoglio patrio del notissimo ‘a mia?’ può misurarsi, se vuole.
Diego Cammarata, che da sindaco lo volle come consulente, conserva una memoria grata e affettuosa. Quell’incarico – era il 2010 – naufragò nei giorni del Festino per il cozzare (ahi) tra il critico e alcuni palermitani, con annessa polemica politica sullo sfondo. Un’altra vicenda impolverata negli archivi. Philippe Daverio, in un corrusco panorama di assalti e parate, andò via, senza voltarsi indietro.
Philippe che amava Palermo
“Philippe era un mite e un buono, innamorato di Palermo – ricorda oggi Cammarata -. Uno che magari si arrabbiava davanti allo spreco della bellezza, ma non odiava nessuno. Un uomo di grande talento, dallo spirito arguto e brillante. Mia mamma diceva sempre che bisogna tenere con sé chi ha fatto del bene e dimenticare chi ha fatto del male. Philippe ha riempito la sua vita di amore e intelligenza. Non si può giudicare per qualche eccesso. Ripeto: amava Palermo, aveva il culto di Palermo”.
Alfio Scuderi, uno a cui la cultura di questa città e non solo deve sicuramente qualcosa, ha scritto sul suo profilo Facebook: “Philippe in primo luogo per me era un carissimo amico, con lui ho condiviso la progettazione e realizzazione di tante iniziative culturali esaltanti”.
“Al Nuovo Montevergini abbiamo realizzato con l’università degli studi di Palermo diverse ‘feste disegnate’, indimenticabili. Ho sofferto per il suo difficile rapporto con la Sicilia degli ultimi anni. Era un uomo geniale, che viveva tutto con grande passione, anche i contrasti. Non dimenticherò facilmente le nostre lunghissime nottate creative in giro per Palermo, immaginando un mondo in cui la cultura avesse davvero un ruolo centrale. ‘Save Italy’ caro Philippe, mi mancherai!”.
Poi aggiunge, chiacchierando con il cronista: “Lui aveva creduto molto nel progetto Sicilia e forse fu proprio l’eccessivo amore tradito che lo ha reso così aggressivo. Basta guardare una delle tante trasmissioni dedicate alla Sicilia per capire che si trattava di amore, così come le numerose iniziative che fece qui. Certo non era un uomo di mediazione e non si teneva nulla, passando, talvolta, dalla ragione al torto”.
“Era un uomo curioso”
Maurizio Carta, urbanista e professore, scrive sulla sua pagina Facebook: “Sono molto triste per la scomparsa di Philippe Daverio, uomo che conteneva moltitudini, collega con cui ho sempre discusso in maniera critica ma con amicizia. So che percorrerà l’aldilà con curiosità, trovando spunti per la sua critica colta. Un abbraccio commosso alla famiglia e ai suoi allievi”.
Anche il giornalista Luigi Perollo omaggia il critico scomparso: “À bientôt. Ci siamo divertiti tanto, mi impegno a raccontare – fuori dalle polemiche sempre inutili – quanto tu fossi più palermitano di tanti palermitani”. E a quello somma questo: “L’ho conosciuto professionalmente e siamo diventati amici. Era una persona estremamente colta, sì, amante della vita. Era spiritoso e ironico. Amava Palermo e la sua bellezza. E si dannava perché noi, immersi nella meraviglia, spesso non riusciamo a vederla”.
Capito? Ecco perché immaginiamo, adesso, Daverio mentre percorre una scalinata sontuosa, circondata da arancine e cannoli.
L’immaginazione, si sa, corre. Lassù incontra il suo amato Shakespeare che lo accoglie e declama (dall”Amleto’): “E’ sufficiente una goccia di male per gettare un’ombra sulla virtù”. Philippe lo manda a quel paese. Allora, William – che secondo alcuni era sicilianissimo – risponde: “Amunì, piggihiamunì u’ cafè“. Sì, caro Philippe, basta un caffè.