PALERMO – Si ritraggono come veri duri, in sella a scooter e bici elettriche. Il sottofondo musicale per i loro video social spazia dalla trap al neomelodico. Impugnano pistole giocattolo, in perfetto stile “Gomorra”. Sparano verso il cielo, mentre sfrecciano per le strade.
Le stories raffigurano i giovani palermitani che vivono nei quartieri di una periferia lontana dai locali alla moda. Anche se alla moda sono le sneakers che indossano, assieme a vistose collane d’oro. Parlano di rispetto, sfidano i nemici e ricordano gli amici morti. La realtà dei sobborghi è l’altra faccia di una stessa città. Brancaccio, Bonagia, Falsmiele, Zen, Sperone, Ciaculli, Ballarò. Una realtà che finisce spesso nelle pagine di cronaca.
Il caso più eclatante? Il blitz delle forze dell’ordine allo Sperone che ha fatto emergere l’attività di spaccio gestita anche da baby pusher davanti alle scuole. L’ultima vicenda in ordine cronologico riguarda la gang del centro storico. Qualche giorno fa il questore di Palermo Leopoldo Laricchia ha emesso 12 Daspo Willy nei confronti di un gruppo di giovanissimi palermitani, tutti poco più che maggiorenni e due minorenni, accusati di avere compiuto una serie di rapine nel centro storico. I ragazzi avvicinavano le vittime, spesso coetanei, nelle zone della movida, costringendole a farsi consegnare cellulari e soldi sotto la minaccia di una pistola.
I numeri sconfortanti
Secondo l’Osservatorio nazionale sull’adolescenza, istituito presso il ministero per la Famiglia, il 6,5% dei minorenni fa parte di una banda, il 16% ha commesso atti vandalici, mentre tre ragazzi su dieci hanno partecipato a una rissa.
Danneggiamenti, furti e ricettazioni, rapine ed estorsioni, risse e lesioni, diffusioni di immagini pornografiche sui social: sono i reati maggiormente commessi dai ragazzini. Numeri sconfortati che si vanno ad aggiungere a quelli rilevati lo scorso 21 settembre 2021 dalla fondazione Openpolis13 secondo cui – elaborando una serie di dati Istat ed Eurostat – la Sicilia occuperebbe, con riferimento al 2020, il primo posto per la dispersione scolastica, con un tasso pari al 19,4% della popolazione compresa tra i 18 e i 24 anni: un tasso incredibilmente alto e fortemente preoccupante.
Dati che sono stati confermati dai Tribunali per i minorenni attraverso la commissione Antimafia dell’Ars guidata da Claudio Fava, che ha ultimato un’inchiesta sulla condizione minorile in Sicilia, “ostaggio di un disagio antico e irrisolto – si legge nella relazione -. Ragazze e ragazzi che vivono la propria vulnerabilità potendo contare solo sulla presenza della scuola: a volte accettata, a volte subita, spesso rifiutata. Gli indici di dispersione scolastica riferiti dai Tribunali per i minori restano tra i più alti d’Europa, con un picco drammatico nel passaggio tra la scuola media e le superiori. E con un vulnus ulteriore: dove non arriva l’offerta formativa ed educativa dello Stato spesso arriva la criminalità organizzata, con un sistema di seduzioni, valori e reclutamenti che segna per sempre il destino di questi minori”.
“L’ascensore sociale, nelle periferie siciliane, si è fermato ai piani alti. Ha determinato uno scollamento sociale e fisico violento fra taluni quartieri e il resto della città – conclude la relazione –. Ma ciò che è più grave è l’effetto che produce sulla vita quotidiana e sul destino di migliaia di minori che quel quartiere (la sua solitudine, il suo disagio sociale, la sua mortificazione materiale) lo vivono come un ghetto. Peggio: una prigione. Farsi carico della condizione di questi ragazzi vuol dire investire sul loro territorio, sulla loro condizione di vita, sul senso concreto delle opportunità: il resto – ci hanno fatto capire decine di auditi – sono chiacchiere”.
Chi opera in prima linea
Chiese, associazioni, consultori, assistenti sociali e psicologi si danno un gran da fare. “Il cattivo diventa il protagonista vincente della nostra società”. Dichiara a LiveSicilia don Maurizio Francoforte della parrocchia San Gaetano, quella del beato don Pino Puglisi ucciso da Cosa Nostra a Brancaccio. Don Maurizio assieme a un gruppo di volontari da’ un sostegno non solo spirituale a numerose famiglie del quartiere. O ci pensano loro, o si fa sotto la criminalità ad assoldare nuove leve.
“Noi abbiamo ormai come esempio della vita giovanile soltanto bad boys. Proprio da questo stereotipo che parte la strategia del branco. Io la penso esattamente come la pensava Don Pino Puglisi – spiega don Maruizio -. Le uniche armi che abbiamo a disposizione per arginare questo problema, sono quelle di educare alla bellezza e alla cultura. Che la scuola diventi un luogo non solo nozionistico ma più di educazione. Se noi continuiamo a mettere in prima serata film come ‘suburra’ e poi i protagonisti li presentiamo come quelli che si godono la vita, cosa possiamo sperare? Il mio quartiere sta vivendo questa transizione sociale. Di fatto ad oggi le gang giovanili in alcune zone di Palermo sud, le piazze di spaccio le gestiscono loro. La trasformazione è anche questa”.
“La pandemia ha aggravato la condizione di sofferenza dei giovani. Il quadro che ci arriva dai territori è di un aumento dell’uso di droghe e alcool in età adolescenziale e pre-adolescenziale e di un numero crescente di episodi di bullismo, furti e azioni devianti che hanno come protagonisti minorenni – dice Giuseppe Ciulla, presidente dell’Ordine degli Assistenti sociali di Sicilia –. È una situazione complessa e preoccupante, ancora più grave per la spregiudicatezza con cui queste azioni vengono condivise sui social, diventando elemento di emulazione. È un’emergenza di cui le istituzioni devono farsi carico insieme, intervenendo in maniera integrata con progetti multidimensionali non solo per il reinserimento di chi delinque ma per la prevenzione, in maniera capillare sul territorio e continua nel tempo. Fare sistema è l’unica strada possibile”.
“A Palermo ci sono da sempre dei territori nei quali sembra ci sia una sorta di trasmissione generazionale del disagio”, dichiara a Live Sicilia Mariapia Avara, psicologa del centro Padre Nostro di Brancaccio. Che aggiunge: “Vediamo spesso nelle famiglie, che le problematiche che si ripetono sembrano quasi immutate. Inoltre, la dispersione scolastica è un fenomeno che aumenta vertiginosamente. La pandemia è stata detonante da tanti punti di vista anche rispetto al contrasto della contro-cultura mafiosa. Quotidianamente noi tocchiamo con mano la povertà educativa e il disagio e ci dispiace constatare però, che l’attenzione a queste grandi difficoltà, si amplificano maggiormente in alcuni momenti politici siciliani come i cambiamenti”.
“I giovani sono arrabbiati” – aggiunge Mariangela Di Gangi, coordinatrice del Laboratorio Zen Insieme -. Sono molto preoccupata come vivono in questo momento i ragazzi nel capoluogo siciliano. Questa rabbia può portare ad una escalation pericolosa. Ad oggi guardando il quadro della situazione anche io ho difficoltà a trovare una soluzione che davvero può funzionare per cercare di arginare il problema. In questa città per troppi anni non ci siamo occupati di infanzia. E mentre la scuola fatica a creare un percorso sociale, questi ragazzi pensano che le interazioni funzionino solo per utilità e prevaricazione. In tanti, troppi utilizzano delle scorciatoie che non sono altro che dare man forte alla criminalità organizzata”.