I gesti disperati delle donne d'onore - Live Sicilia

I gesti disperati delle donne d’onore

Vincenzina Bagarella & le altre
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Suicidi di mafia. Altro sangue che scorre sulle pagine dell’orrore. Si uccidono i boss e si uccidono le loro donne. È già successo in una delle famiglie che hanno scritto la storia violenta e disperata di Cosa Nostra. Si chiamava Vincenzina Marchese, aveva 48 anni, era nipote di Filippo detto “milinciana”, e sorella di Pino e Pietro, killer al soldo dei corleonesi. Ma era soprattutto la moglie di Leoluca Bagarella, braccio destro di Totò Riina, uno degli irriducibili dell’ala stragista.
Vincenzina si impiccò il 12 maggio del 1995, quando Pino si era “già fatto pentito”. Una decisione estrema attuata per togliere dai guai il marito, costretto a giustificarsi con i compagni di mafia per quella parentela infame. La strategia delle vendette trasversali aveva colpito tutte le famiglie che si erano ritrovate uno spione in casa, Luchino era in imbarazzo e lei volle salvarlo così, mettendosi una corda al collo e chiudendo per sempre la questione.
Quando un paio di anni più tardi Bagarella venne arrestato, aveva al dito la fede nuziale di Vincenzina e al collo un medaglione d’oro con la sua fotografia. Secondo un’antica tradizione, i palermitani si legano indissolubilmente alle persone care scomparse attraverso gli oggetti preziosi portati in vita. Proprio come ha fatto il cognato di Toto’ Riina. In più, c’era il biglietto d’addio che Leoluca Bagarella custodiva in un portagioie sotto una cornice d’argento con l’immagine sorridente di Vincenzina. La donna si rivolge ai familiari, chiede perdono e ha parole di elogio per Luchino, un marito che “merita una statua d’oro”.
Si capì subito che Vincenzina era morta. I retroscena furono poi rivelati dai pentiti Toni Calvaruso e Tullio Cannella. Dissero che la donna era depressa, aveva appena abortito ed era la seconda interruzione spontanea di gravidanza nel giro di due anni. Aveva tentato una volta di lanciarsi dal balcone, ma era stata bloccata da Luchino e da Calvaruso, che era a casa loro. Qualche mese dopo però Vincenzina, rimasta sola nel suo appartamento, si impiccò. “Bagarella mi telefonò dicendomi di andare subito da lui e quando arrivai trovai il cadavere di Vincenzina che era stato già adagiato sul letto”, ha raccontato Calvaruso aggiungendo che furono lui e altri “picciotti” ad aiutare il boss a trasportare il cadavere. «Per evitare che qualcuno si accorgesse che Vincenzina era morta la vestimmo di tutto punto, le mettemmo il cappotto e la pettinammo”. La donna fu quindi infilata nell’auto del boss e da allora di lei non si è saputo più nulla.
Ci provò anche Agatina Di Filippo, sorella dei pentiti Emanuele e Pasquale. Troppa infamia, troppo disonore. Non ha resistito, la ragazza decisa a togliersi di mezzo ingoiando una ventina di pillole per l’ipertensione. Voleva morire per cancellare la vergogna, prima gridata sui giornali con il pubblico disconoscimento della parentela e poi cacciata in fondo all’anima perchè non restassero tracce. L’ha salvata il padre, Gaspare. Ma quando si è ripresa, è uscita dall’ospedale ed è sparita.


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