Il difficile rebus del Pd | Quattro possibili soluzioni - Live Sicilia

Il difficile rebus del Pd | Quattro possibili soluzioni

D'Alia, Lupo, il "papa straniero" o il gazebo della disperazione. A Renzi l'ultima parola.

PALERMO – Quando Matteo Renzi arriverà a Palermo per presentare il suo libro troverà una situazione abbastanza fluida a proposito delle prossime Regionali. Con almeno quattro scenari che si vanno delineando per una soluzione. Scenari che mutano a seconda di due variabili fondamentali: il candidato e la geografia della coalizione.

La lunga giornata di incontri di ieri suggerisce un quadro sempre più nitido delle forze in campo e delle spinte in atto in questo momento dentro e fuori dal Pd.

Il primo scenario è quello di cui si è scritto nei giorni scorsi e su cui si sarebbero profuse tra Roma e Palermo le energie di un asse tra renziani e Leoluca Orlando. Ossia quello di una candidatura “civica”. I sondaggi fin qui non hanno dato esiti positivi. Sul tavolo per il momento restano – come già raccontato sabato da Livesicilia – il nome del rettore di Palermo Fabrizio Micari, del presidente dell’Ordine dei medici Toti Amato. A quali forse potrebbe aggiungersi il giurista Giovanni Fiandaca, già candidato senza successo dal Pd alle Europee. Ma l’idea del “papa straniero” non solo non attrae gli alleati centristi ma non piace nemmeno a diversi pezzi del partito siciliano, come è emerso ieri. Ha ribadito la sua contrarietà a questa soluzione Antonello Cracolici. E l’ipotesi non piace nemmeno ad altre anime del partito, in particolare ad Areadem. Il cui leader Giuseppe Lupo potrebbe essere il nome del Pd da proporre agli alleati. L’ultima parola spetta al segretario nazionale, ma vorrà davvero il Nazareno tirare dritto infischiandosene del partito siciliano?

E qui scatta il secondo scenario, cioè quello di una candidatura politica dei dem. In pole position in quel caso ci sarebbe l’ecumenismo di Lupo, che dialoga un po’ con tutte le correnti e potrebbe essere un nome digeribile tanto dai moderati per la sua estrazione cattolico-democratica quanto dalla sinistra per la sua provenienza sindacale. Ma i delicatissimi equilibri interni tra le correnti non fanno il gioco del vicepresidente dell’Ars. E il suo rapporto privilegiato con Orlando non si è rivelato decisivo, visto che il sindaco pensa a una soluzione esterna.

E allora si arriva al terzo possibile scenario. Ieri, nella segreteria regionale, tutti, a partire dal segretario Fausto Raciti, hanno insistito sulla necessità di una coalizione larga ribadendo la volontà di tenere vivo il rapporto con i moderati. Per non fare scappar via i centristi, la mossa potrebbe essere quella di offrire a quell’area la candidatura. E il nome in quel caso non sarebbe quello di Roberto Lagalla ma di Gianpiero D’Alia, il leader dei Centristi di Casini. Il problema in quel caso starebbe negli alleati di sinistra, quelli con cui Orlando dovrebbe dar vita alla famosa Lista dei territori, che al momento è solo un annuncio, e che difficilmente ci starebbero a sostenere D’Alia. Che però a quel punto, se ci fosse un’apertura romana di Renzi in persona, potrebbe portare in dote anche Alfano, che ha trovato porte chiuse alla possibilità di accordo sulle Politiche da Berlusconi.

Infine, il quarto scenario, che è solo un’ultima spiaggia. Ossia le primarie. Quelle che chiede Rosario Crocetta. Ieri più di un pezzo da novanta dem è tornato a nominarle. Sarebbero la scelta estrema per superare l’impasse e legittimare il candidato. Ma tutti nel partito sanno che a quel punto si arriverebbe troppo a ridosso del voto. L’alternativa a questo scenario è come extrema ratio una candidatura solitaria del Pd che si sgancia dagli alleati. Una corsa a perdere. Uno scenario non certo auspicabile per i dem.


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