Il vaccino, la morte, la rabbia: la tragedia della dolce Cinzia

Il vaccino, la morte, la rabbia: la tragedia della dolce Cinzia

Crea dolore e sgomento la morte di una giovane docente palermitana.

PALERMOCinzia Pennino, scomparsa a quarantasei anni, era una professoressa molto amata dai suoi allievi e dai suoi colleghi. Insegnava Scienze al Don Bosco Ranchibile. Secondo la cronaca fin qui disponibile, è morta circa dieci giorni dopo la prima dose del vaccino anti-Covid AstraZeneca. Impossibile al momento stabilire l’esistenza di una qualsivoglia correlazione, seguiranno accertamenti: ecco la formula di prammatica che descrive quello che sappiamo finora dei fatti. Restano il dolore. E la rabbia. La sua scuola aveva organizzato veglie di preghiera per lei sul web.

Secondo quanto è stato ricostruito: la docente era giunta al Policlinico il 24 marzo in condizioni molto critiche. Dall’ospedale universitario fanno sapere che aveva “una trombosi profonda estesa e una storia anamnestica nella quale è presente anche una somministrazione vaccinale”. Era passata dall’ospedale Buccheri La Ferla prima di essere trasferita nel reparto di Terapia intensiva e le sue condizioni si sono aggravate, fino al decesso.

“Non si riesce a credere. Invidio chi ha la forza di darsi una spiegazione. Io purtroppo non ce l’ho. Mi sembra assurdo. Questa foto la ritrae solare, coinvolgente, empatica, con un cuore grande. Così era la prof Cinzia Pennino, 46 anni. So bene che per la statistica è un numerino insignificante, ma questi numerini impongono sacro rispetto e il massimo della cautela”. Così scrive Eleonora Iannelli su Facebook, riprendendo una foto della professoressa immersa dall’affetto dei bambini. Era impegnata nel volontariato, Cinzia, e si era spinta fino in Africa, per dare una mano. “Lei è… la Prof di mio figlio… figlia, sorella, compagna, amica… non è un numero… non è statistica… Lei è Cinzia… Che la terra ti sia lieve”, scrive Antonella Piffarelli. Ed è appunto un riflesso drammatico e normale che, accanto al lutto, ci sia la rabbia per una perdita così prematura in una concatenazione di eventi che pretende la massima trasparenza.

“La professoressa amava il suo lavoro e amava i suoi alunni e tutti i ragazzi – racconta Giorgio Amato che l’ha conosciuta tra i banchi -. Non avrebbe potuto fare altro che l’insegnante. E’ difficile parlarne come di una persona che non c’è più”. Una carezza che tanti stanno offrendo per questa giovane donna che si divideva tra il Don Bosco, Santa Chiara e l’Africa, come se niente fosse lontano dal suo cuore, come se nessuna mano tesa potesse essere dimenticata, lungo il suo cammino, o lasciata senza la stretta di un’altra mano.


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