Inchieste, scandali, sbarramenti | L'anno nero di Alfano & Co. - Live Sicilia

Inchieste, scandali, sbarramenti | L’anno nero di Alfano & Co.

Le dimissioni della Vicari e una legge elettorale che rischia di farli scomparire. Per il ministro degli Esteri giorni difficili.

LA RICOSTRUZIONE
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PALERMO – Il nuovo nome non ha portato bene. E a dire il vero, non era stato molto fortunato nemmeno il primo. Neanche il tempo, insomma, di trasformare il partito da “Nuovo centrodestra” in “Alternativa popolare”, che Angelino Alfano si ritrova già nuovi guai tra le mani. E pure un po’ più su, ad altezza polso, per essere precisi. Un Rolex regalato dall’armatore Ettore Morace ha portato alle dimissioni del sottosegretario Simona Vicari. “Un regalo di Natale – ha provato a spiegare lei – da parte di un amico”. Che era però anche datore di lavoro del fratellastro Manfredi Asta. E così, al di là dell’indagine e delle responsabilità penali, tutte ovviamente da dimostrare, resta quell’ombra di maledizione, il nuovo scandalo che coinvolge gli alfaniani. Puntuale come un orologio di precisione.

Perché senza andare troppo lontano, un altro Rolex (donato al figlio, stavolta) portò alle dimissioni Maurizio Lupi, allora ministro delle Infrastrutture e tirato dentro le carte dell’inchiesta sulle Grandi opere. Proprio uno dei più stretti collaboratori di Lupi, Marcello Di Caterina, salta fuori dalle carte dell’inchiesta sui mari siciliani. Ex parlamentare del Pdl risultato terzo dei non eletti della propria circoscrizione alle ultime elezioni politiche, con Morace, scrivono gli inquirenti, “intrattiene un ottimo rapporto personale e che è assolutamente addentrato alle dinamiche relative ai trasporti marittimi”. È lui il tramite attraverso cui Morace ottiene un contatto con Pietro Alongi, deputato regionale siciliano del Nuovo centrodestra, in un incontro organizzato anche grazie all’intervento, appuntano gli inquirenti, di Vicari e del coordinatore regionale degli alfaniani, Dore Misuraca. Anche a Di Caterina sarebbe arrivato un Rolex, da parte di Morace.

Infrastrutture, maledette infrastrutture, che hanno già fatto cadere dalla poltrona un ministro e un sottosegretario. Le stesse infrastrutture che danno il nome all’assessorato da cui è partita la recente inchiesta della Procura di Palermo sulla presunta corruzione, finalizzata a favorire la ditta Liberty Lines di Morace. Anche attraverso quell’emendamento, che sembra al centro di tutto: la norma, cioè, che ha abbattuto dal dieci al cinque per cento l’Iva a cui erano soggette le compagnie marittime. Con un ammanco per lo Stato e un guadagno, ovviamente, per le lobby dei mari. Un emendamento che, a voler essere precisi, non è nemmeno opera della Vicari, ma di Vincenzo Garofalo, parlamentare nazionale ovviamente del Nuovo centrodestra, originario di Messina, già vicepresidente della Commissione Trasporti della Camera.

Nome nuovo, vecchi guai per Alfano. Come se non bastassero già quelli vissuti in prima persona, dal caso Shalabayeva a quello sull’assunzione del fratello alle Poste, o quelli dei più stretti collaboratori, vedi il sottosegretario Giuseppe Castiglione finito dentro l’indagine sul Cara di Mineo.

Adesso, però, Alfano dovrà anche pensare alla “salvezza” del suo partito. I progetti di legge elettorale al centro delle ultime riunioni nei palazzi romani rischiano infatti di cancellare dal panorama politico italiano i piccoli partiti. Ncd compreso, appunto. “Lunedì – ha detto il ministro degli Esteri pochi giorni fa – vedrò Renzi nella sua veste di segretario del Pd: io ribadisco che il metodo più logico è quello di partire dalla maggioranza e se si parte da qui i numeri ci sono. Poi se si vogliono fare acrobazie, si facciano pure e noi valuteremo, avendo le mani libere, il testo che ci verrà proposto. Il Paese – ha aggiunto Alfano – ha bisogno di un governo in grado di governare e allo stesso tempo ha la necessità di veder rappresentati in Parlamento partiti che non sono candidati alla guida della Presidenza del Consiglio come magari Pd e M5S, ma che prendono milioni di voti e per questo non possono rimanere fuori. E’ un’esigenza di democrazia, non un capriccio”.

Ma Renzi e Berlusconi sembra che abbiano ripreso a parlare. E l’idea è quella di andare verso un proporzionale con uno sbarramento del 5 per cento: una legge elettorale simile a quella vigente in Germania. Una soglia che rischia di tenere fuori, d’un colpo, non solo i “fuoriusciti” del Pd, ma anche, appunto, gli alfaniani. Nuovi guai “alla tedesca”, come se non bastassero quelli in salsa trapanese.


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