PALERMO – La salma imbalsamata era scomparsa dalla cappella. Nessun mistero, però. A farla cremare era stato il pronipote. Solo che, così sosteneva l’accusa, non aveva alcuna autorizzazione.
L’imputato Giacomo Maiorca è stato condannato a due anni di carcere. I reati contestati erano falso e distruzione di cadavere. Sono stati i parenti di Maiorca a denunciarlo quando sono andati al cimitero dei Cappuccini per lasciare un fiore sulla tomba del nonno e hanno scoperto il fattaccio.
La salma del conte Maiorca, nobiluomo palermitano, era stata imbalsamata da Alfredo Salafia, colui che grazie al suo “fluido della perfezione” ha reso la piccola Rosalia Lombardo, morta nel 1920, un simbolo dell’immortalità che i visitatori guardano con stupore alle catacombe dei Cappuccini.
Falso, secondo l’accusa, era il documento con cui Maiorca, dichiarandosi il parente più prossimo al conte, aveva deciso di liberare la sepoltura di famiglia per fare posto ad un altro defunto.
I parenti si sono costituiti parte civile al processo con l’assistenza dell’avvocato Camillo Traina. A loro il giudice Maria Ciringione ha riconosciuto il diritto ad essere risarciti. L’imputato si è sempre difeso sostenendo di avere le carte in regola.