L'omicidio di Mariu U Lintinisi |La telefonata prima del delitto - Live Sicilia

L’omicidio di Mariu U Lintinisi |La telefonata prima del delitto

Mario Mauceri avrebbe avuto una conversazione con un'utenza intestata ad un organo istituzionale. I difensori di Antonio Fichera, su cui pende la richiesta di rinvio a giudizio per l'omicidio commesso nel 2009 ad Agnone Bagni, hanno chiesto ulteriori accertamenti. Richiesta rigettata dal Gip.

udienza preliminare
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CATANIA – Mario Mauceri circa un’ora prima di essere ammazzato ad Agnone Bagni, il 13 settembre 2009, avrebbe parlato al telefono con un’utenza intestata al Ministero dell’Interno. Gli avvocati Salvo Cannata e Salvatore Caruso, difensori di Antonino Fichera, accusato dell’omicidio dalla Procura di Catania, durante l’udienza preliminare per decidere sul rinvio a giudizio del loro assistito, hanno chiesto al Gup Giovanni Cariolo di eseguire nuovi accertamenti per conoscere l’identità della persona con cui la vittima avrebbe interloquito. Secondo i principi del foro catanese, questo potrebbe aprire nuovi scenari sul movente del delitto e, quindi, portare a scagionare Fichera. Per la Dda  l’uomo avrebbe vendicato il figlio Sebastiano, affiliato agli Sciuto Tigna, che sarebbe stato accompagnato proprio da Mauceri al suo appuntamento con la morte. L’approfondimento investigativo sulla telefonata è stata posta dai due penalisti davanti al Gup come condizione per procedere con il rito abbreviato. Cariolo, però, ha rigettato la richiesta. A questo punto si fa sempre più concreta per Antonino Fichera, se fosse rinviato a giudizio, l’ipotesi di un processo ordinario davanti alla Corte d’Assise di Siracusa. Tribunale competente a livello territoriale visto che il fatto di sangue è stato commesso nella Strada Sabbione Maria, ad Agnone Bagni, nella provincia aretusea. Quel giorno di cinque anni fà alle 23.15 Mario Mauceri uscì dal cancello di una villetta a bordo della sua Lancia Y, di fronte all’insegna di un ristorante fu raggiunto da diverse pallottole di una 7.65. Il colpo mortale fu quello quello alla fronte.

Antonino Fichera

L’ARRESTO DI FICHERA. Sono serviti quattro anni alla Squadra Mobile per far luce sui presunti killer di Mariu U Lintinisi. Con l’accusa di omicidio la polizia a maggio del 2013 la polizia arrestò, in esecuzione di un’ordinanza firmata dal Gip Laura Benanti, Antonino Fichera, 67 anni, ritenuto affiliato al Clan dei Cappello e Roberto Giuseppe Campisi, 43 anni, già detenuto e appartenente, secondo la magistratura, alla famiglia dei Cursoti Milanesi. Per il secondo indagato il Tribunale del Riesame annullò il capo d’imputazione ritenendo il quadro indiziario non sufficiente a dimostrare che il 43enne avesse partecipato materialmente all’esecuzione del delitto, anche se c’erano tutti gli elementi probatori per un movente valido. La posizione di Campisi è stata già archiviata come da istanza del pm titolare dell’indagine Pasquale Pacifico, che invece ha presentato la richiesta di rinvio a giudizio di Antonino Fichera.

IL MOVENTE. Quello di Mario Mauceri per la Procura non sarebbe un delitto di mafia “tradizionale”. Non un regolamento di conti, dunque, ma una vendetta familiare. E’ un assassinio che si collega a due delitti commessi nel 2008 a Catania, l’uccisione di Sebastiano Fichera, figlio dell’imputato, e di Giacomo Spalletta. Il movente è proprio da ricercare nella morte del giovane boss degli Sciuto Tigna, oggi ricordato con un murales nel quartiere di San Giorgio, che sarebbe stato ucciso per ordine di Biagio Sciuto, imputato per questo delitto nel processo Revenge 3, perché non aver corrisposto somme di denaro provenienti dal traffico di droga e da favori di politici al suo Clan d’appartenenza. Il padre, dunque, si sarebbe vendicato perché il “lentinese”, guardaspalle e uomo di fiducia di Biagio Sciuto, avrebbe attirato la vittima nel luogo dell’agguato. Mauceri avrebbe chiesto a Fichera di incontrarsi, con la “scusa” di parlare con Franco Palermo, del clan Cappello, per discutere di un escavatore che era stato rubato a Biagio Sciuto. L’appuntamento era stato fissato alle 19.30, del 26 agosto 2008, in una traversa del Viale Mario Rapisardi, mezz’ora più tardi Ianu Fichera fu ucciso.

 

La lapide di Sebastiano Fichera

Un movente che trova “corpo” anche dalle intercettazioni captate dalla microspia e dalla telecamera posta sulla lapide di Sebastiano Fichera. I familiari avevano scoperto che Mauceri aveva teso un tranello alla vittima, con la scusa dell’escavatore. Durante una conversazione le sorelle di Fichera Agata e Carmela rivolgendosi ad un certo Nino, infatti, affermano: Lui in quella strada si è trovato perché se l’è portato lui; Nino afferma: Mario…; e Angela aggiunge: Dice che c’era Mario. In un’altra discussione la vedova, Agata Aurichella, e la cognata Carmela Fichera commentavano il fatto che Biagio Sciuto avesse ordito un tranello contro Sebastiano Fichera ricorrendo al pretesto di un “escavatore” (Agata: …è venuto Seby “Zio Iano”, dice Biagio sbrigatela tu nel pomeriggio… alle sei, sette…vacci docu e tela sbrighi tu per il fatto del traviatore..ehm dell’escavatore…)

L’APPARATO PROBATORIO . Mario Mauceri, nel 2009, quando fu ucciso, era da poco transitato nel Clan degli Sciuto Tigna. Negli anni precedenti aveva avuto un ruolo di fiducia all’interno dei Santapaola – Ercolano. Immediatamente dopo l’omicidio di Sebastiano Fichera, il “lentinese” sapeva che qualcosa stava per accadere, sentiva che “qualcuno” stava pianificando la sua morte. Una sensazione che avrebbe confessato anche ad un’amica in macchina con lui la notte dell’omicidio. Una pioggia di pallottole che non raggiunsero anche lei perché “il lentinese” – come racconterà la donna interrogata dagli investigatori – gli fa scudo. E in quel racconto c’è un elemento che inchioderebbe Antonino Fichera: “Uno dei due killer – raccontò – era un uomo anziano”. E sicuramente non era un tiratore esperto quello che uccise Mauceri, fu fatto fuori un intero caricatore ma solo pochi colpi c’entrarono la vittima. La sensazione di una possibile vendetta era arrivata anche ad alcuni esponenti del Clan che si erano rivolti a Gaetano D’Aquino, come lui stesso racconta ai magistrati, per “lasciarlo in pace”. Garanzia, però, che visto l’epilogo non servì molto. Il collaboratore di giustizia, inoltre, fa riferimento anche ad una conversazione avuta con Antonino Fichera in macchina circa dieci giorni prima dell’omicidio in cui l’uomo rivela la volontà di vendicarsi. Dialogo che trova pieno riscontro in un’intercettazione captata da una cimice installata nella mercedes di D’Aquino. Antonino Fichera informava D’Aquino di un futuro delitto (viri ca iu iaiu quasi nde manu a chiddu dda…mi staiu fannu a chiddu…); D’Aquino interrompeva più volte Fichera, esprimendo il suo disinteresse per la cosa ed, anzi, intimando all’altro di non parlarne più (D’Aquino: “Zu Ninu cu mia di sti cosi non nna parari…a mia non minteressunu…non milla diri…a mia”; Zu Ninu: “no picchi, un domani tu mi poi diri…”). L’apparato probatorio si compone, oltre alle intercettazioni al cimitero, anche da una lettera trovata a casa di Mauceri dai carabinieri durante una perquisizione effettuata immediatamente dopo il ritrovamento del cadavere. La missiva è firmata dal cugino della vittima, Francesco Finocchiaro, detto Iattaredda, dove lo invitava a “fare attenzione”. Il quadro probatorio si completa con i controlli incrociati sui telefonini. Il cellulare di Fichera proprio la sera del delitto si agganciò ad una cella di Augusta, ponte radio di copertura della zona di Agnone Bagni dove è stato ucciso Mario Mauceri.


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