"Clan mafioso di Partinico" | Due condanne e sei assoluzioni - Live Sicilia

“Clan mafioso di Partinico” | Due condanne e sei assoluzioni

Uno degli imputati, Alessandro Arcabascio

Regge solo per due imputati l'accusa di avere fatto parte del clan del popoloso centro in provincia di Palermo, dominato dai Vitale. Assolto pure un insospettabile architetto finito in cella per mafia.

PALERMO – In questo troncone del processo l’accusa regge soltanto per due degli otto imputati. E per alcuni di loro si sono riaperte le porte del carcere. Erano detenuti dal 2010, dai giorni del blitz contro i presunti affiliati al clan mafioso di Partinico. L’operazione denominata “The End” piazzava Leonardo e Giovanni Vitale, figli del capomafia Vito, alla guida del clan. I Vitale sono stati condannati in abbreviato. Il processo di oggi si celebrata con il rito ordinario.

La pena più alta è stata inflitta ad Alessandro Arcabascio: 15 anni e 10 mesi contro i diciotto chiesti dalla Procura. Quattro anni ha avuto Gianfranco Brolo (solo per alcuni danneggiamenti di cui si era autoaccusato, mentre è caduta l’accusa di associazione mafiosa. Stasera è tornato libero. E’ assistito dall’avvocato Bartolomeo Parrino). Tutti gli altri sono stati assolti: Francesco Paolo Di Giuseppe, Lorenzo Lupo (scarcerato), Girolamo Guzzo, Salvatore Cataldo, Carmelo Culcasi (scarcerato) e Roberto Rizzo. Per loro erano state richieste pene comprese fra i 4 anni e mezzo e i quindici anni.

Assolti, pure, su richiesta della stessa Procura, Salvatore Lamberti, ultraottantenne di Borgetto e Antonino Lu Vito, entrambi accusati di associazione mafiosa. Erano difesi dagli avvocati Nico Riccobene ed Emilio Chiarenza.

Nonostante il carcere duro, secondo la ricostruzione del pubblico ministero Francesco Del Bene, il capomafia Vito Vitale sarebbe riuscito a nominare i suoi successori. E avrebbe scelto i suoi figli. E i Vitale jr avrebbero proseguito la tradizionale imposizione del pizzo, con un aggiornamento di metodo. I carabinieri del Gruppo Monreale scoprirono che la vecchia messa a posto pagato direttamente dagli imprenditori era andata in soffitta. Si sarebbe preferito imporre alle aziende l’acquisto del calcestruzzo dalla “Edil Village” gestita da Alessandro Arcabascio. Chi si rifiutava, subiva un attentato. E nessuno denunciava. Molti imputati, una dozzina, che avevano scelto un percorso processuale diverso sono stati condannati.

Tra gli assolti di ora c’è l’insospettabile architetto palermitano Lu Vito, su cui era caduto la pesante accusa di essere l’uomo di collegamento fra i boss di Partinico e quelli palermitani. E gli era stato attribuito il ruolo di organizzatore di un incontro avvenuto nel 2009 in un mobilificio di Palermo per mediare una controversia fra due imprenditori un tempo soci in un bar all’interno del centro commerciale “Ferdico” di Carini. Gli investigatori ritenevano che Lu Vito rappresentasse gli interessi della cosca mafiosa di Resuttana e fosse in contatto con personaggi del calibro di Gaetano Fidanzati, storico capomafia dell’Acquasanta, e Salvatore Liga, architetto considerato l’erede dei Lo Piccolo. Accuse, sempre contestate dal difensore, l’avvocato Riccobene, che nel suo caso non hanno retto al vaglio del Tribunale.

 


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