CATANIA – Il primo filone giudiziario del processo Mazzetta Sicula, frutto dell’inchiesta che la scorsa estate ha scoperchiato il sistema di potere collegato al colosso dei rifiuti fondato dalla famiglia Leonardi tra Lentini e Catania, è arrivato al giro di boa.
Il pm Marco Bisogni, oggi, ha concluso la requisitoria e chiesto le condanne per i due imputati che hanno chiesto il rito abbreviato. Davanti al gup Andrea Castronuovo il sostituto procuratore della Dda etnea ha analizzato il materiale probatorio a carico di Adolfo Amarindo accusato di concorso esterno alla mafia e coinvolto secondo l’accusa anche nel traffico illecito di rifiuti. Dipendente della Sicula Trasporti e con un passato con tante ombre collegate al clan Nardo, Adelfo Amarindo, assistito dall’avvocato Francesco Calderone, dopo l’arresto a giugno ha deciso di collaborare con la giustizia. “Le sue dichiarazioni” ha ribadito il pm sono diventate un ulteriore riscontro “alle indagini” della Guardia di Finanza e alle intercettazioni”.
Il magistrato ha chiesto al gup di condannare l’imputato a 4 anni di reclusione, considerando lo sconto del giudizio abbreviato e la sua posizione di collaboratore. Stessa pena è quella chiesta dal pm nei confronti di Salvatore Pecora, il funzionario del Libero Consorzio di Siracusa accusato di corruzione. L’uomo, difeso dagli avvocati Alfio e Gaetano Pennisi, ha deciso di rilasciare dichiarazioni spontanee. Al gup con estrema franchezza ha ammesso le sue responsabilità. Si torna in aula a fine aprile
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