'Miccimeci', la rivalità che inguaia il centrodestra

‘Miccimeci’, la rivalità che sta inguaiando il centrodestra

Pure la partita per Palermo è bloccata sulla vicenda regionale. Cresce il malumore.
PALERMO 2022
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2 min di lettura

Miccimeci, il problema del centrodestra siciliano in frantumi è (quasi) tutto qui. Ovvero, nello scontro politico e anche personale – nonostante le dissimulazioni degli interessati – tra il comandante forzista, Gianfranco Micciché, e il presidente della Regione, Nello Musumeci. Il primo vorrebbe far evaporare la ricandidatura che il secondo agogna. Non c’è bisogno di altro, come abbiamo lungamente raccontato, per spiegare perché la coalizione non riesca a trovare la sintesi – e una verosimile vittoria – sul candidato sindaco di Palermo. Certo, ci sono i dissapori nazionali tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini e i giochi romani hanno approfondito divisioni già esistenti tra quel pezzo di destra che governa con Draghi e i ribelli, refrattari a ogni assembramento politico. Ma moltissimo dipende proprio dal fattore Miccimeci che condiziona pure la vicenda palermitana in una ridda di veti incrociati e trattative che non sono ancora approdate a nulla. Se non ci si mette d’accordo là, niente stretta di mano qua.

Ora, sotto la pelle di una invocazione di unanimismo farlocca, la questione sta piano piano assumendo una consistenza espressiva nei malumori di personaggi e interpreti. E’ di malumore Francesco Cascio che sta meditando sul da farsi, da campione di quel centrodestra che ha una sponda in Forza Italia e Lega. E’ di malumore Roberto Lagalla che può contare sull’appoggio di Fratelli d’Italia: e ci riferiamo ai partiti fortemente protagonisti dello scontro. Sono di malumore quei candidati con i ‘santini elettorali’ ancora in sospeso, perché non sanno che pesci prendere. E qualcuno comincia a sussurrarlo, nell’ascolto di orecchie amichevoli: ‘Sono loro due…’. Non detto e sottinteso: loro due che ci stanno inguaiando per la rivalità che li contraddistingue. Miccimeci...

Dalla politica nazionale, poi, non è che arrivino segnali di distensione. Giorgia Meloni ha nuovamente chiesto, dall’assemblea di Milano, la riconferma di Musumeci. Invece, Matteo Salvini insiste su un ‘no’ della coalizione che ‘non lo vuole’. Un match che non può non avere delle conseguenze sulle fibrillazioni della contesa elettorale di Palazzo delle Aquile che vede, tra gli ultimi sviluppi, il serrato corteggiamento all’autonomista Totò Lentini affinché si ritiri. Lui, finora, ha risposto picche. Ma chissà.

Miccimeci è dunque la sigla di una discordia totale, messa lì apposta per non ricomporsi, punteggiata da ripetuti e reciproci riferimenti polemici. La distanza non è soltanto massicciamente politica, su interessi contrapposti nella corsa per Palazzo d’Orlens, l’unica che sembri interessare veramente. Ci sono divaricazioni personali, modi di intendere e storie differenti nell’intreccio di due caratteri non semplici. E sbaglierebbe chi ritenesse secondario il fattore umano.

(in copertina, foto d’archivio)


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