PALERMO – La notizia è stata riportata qualche giorno fa dal Corriere della Sera. Una delle principali catene britanniche di grandi magazzini, la Debenhams, ha deciso di avviare una campagna di purificazione dell’idioma e di ritorno al “Plain English” per venire incontro al 70% dei propri avventori che, in un sondaggio, si dichiaravano “confusi” di fronte all’eccesso di termini stranieri. E così, nei propri punti di ristoro, il termine “caffé macchiato” sarà sostituito con “coffee with milk”, il caffellatte diverrà un “really milky milky coffee”, il cappuccino si trasformerà in “frothy coffee” (ossia caffé schiumoso), mentre con discutibile perifrasi l’espresso sarà ribattezzato: “a shot of strong coffee”, ossia “una dose (o colpo) di caffé forte”. Oh my God (bedda Matri)!
Nutro per gli inglesi una cordialissima antipatia da quando, poco più che quindicenne, passai gran parte della mia estate in Gran Bretagna. Ero così eccitato (excited, not horny) per il fatto che avrei visitato la swinging London di Portobello Road e Carnaby Street, lo Speakers’ Corner di Hyde Park e la patria dei Beatles, degli Stones e di Elton John. A Londra ben presto giunsero le prime delusioni. Notai subito la scortesia degli inglesi verso chi non parla alla perfezione la loro lingua, magari facendo sentire le “r” (che orrore !) o sbagliando qualche pronuncia. Riflettevo in silenzio: “Bella forza: avete il culo di parlare la lingua che s’è imposta come esperanto universale, non dovete passare l’estate fuori di casa per impararla e fate pure gli schizzinosi perché ho dimenticato che l’aggettivo si mette prima del sostantivo ?”. Vergognatevi (Shame on you). La delusione si trasformò in franca antipatia quando scoprii che i magnifici musei di Londra avevano poco o nulla di inglese. Tutto comprato, conquistato o trafugato: dalla Stele di Rosetta ai fregi del Partenone, dalle mummie egizie ai capolavori del Rinascimento italiano. Partii alla volta di Edimburgo con l’idea che fossero un popolo inospitale e, linguisticamente, “con la puzza sotto il naso”. La Scozia si rivelò “un altro mondo”, a partire dalla facilità di socializzazione con i miei coetanei. E fu così che scoprii che lo “United Kindgdom is far from being united”, a partire dalla pronuncia che cambia in funzione della zona. Infatti in Scozia le “r” si sentono benissimo, mentre in Irlanda il bus si pronuncia “boss”, come “capo”. Scoprii che persino Sean Connery, il vero James Bond, l’eroe cinematografico che vive in un mondo diviso in bone e cattivi (da “castigare” ugualmente), non era inglese, bensì scozzese. I miei viaggi successivi mi hanno confermato che in nessun posto al mondo uno straniero che parla inglese (bene o male non conta) è più a disagio con la lingua come in Inghilterra. Perché, forti del loro primato linguistico, gli Inglesi (a differenza degli altri Britannici, degli Americani, dei Canadesi anglofoni o degli Australiani) non esercitano neppure un briciolo di buona volontà nel sorreggere chi scivola inerpicandosi nei sentieri scoscesi di una lingua non propria. E spesso insinuano il sospetto che godano nel far finta di non capire.
E noi che conviviamo da sempre con i weekend e con i trend, con i trench e con i brunch e, da qualche tempo, anche con lo spread e la spending review, adesso apprendiamo che questi si confondono davanti a una tazza di caffé. I compatrioti di Pippa, che ritenevo fosse un popolare passatempo giovanile e che è invece la giovane titolare di un popolare popò, sono troppo impegnati ad imparare le regole di una grammatica troppo complessa per poter ricordare termini alieni, come “espresso” o “cappuccino”. Già che ci siamo, figli della perfida Albione, vi propongo qualche altra modifica. Iniziamo da Portobello Road che potremmo ribattezzare “Beautiful Harbour Road”, non si sa mai vi doveste perdere, confusi, per le vie di Londra. E poi la Stele di Rosetta: perché non chiamarla “The Little Rose Stone” che a me di Rosetta basta mia suocera ? Ma per favore, lasciateci la pizza. Perché “a pie baked with a topping of tomato sauce, cheese and other ingredients” proprio non si può sentire.
My dear british friends, vi giunga orgoglioso il mio “Ciao”, emblema internazionale dell’italica disposizione all’amicizia. Forse vi farà confondere, ma che differenza con il vostro “Cheerio” ! Sapete, da noi è solo una marca di pelati.