I killer, gli spari, la fuga | "Il bimbo vivo per miracolo" - Live Sicilia

I killer, gli spari, la fuga | “Il bimbo vivo per miracolo”

Giuseppe Di Giacomo, freddato con modalità da esecuzione in pieno giorno a Palermo. Un omicidio di mafia che risveglia lo stato d'allerta. E le vittime potevano essere due.

Il delitto della Zisa
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PALERMO – “Il bambino è vivo per miracolo”, dice un investigatore. Questione di centimetri e anche il piccolo sarebbe stato ammazzato nell’agguato di ieri alla Zisa. Ha rischiato di essere la vittima innocente della spedizione contro Giuseppe Di Giacomo.

Questione di centimetri, dunque. Se il piccolo fosse stato più alto le cose sarebbero andate in maniera diversa. Tragicamente diversa. Ed invece lo sparo ha mandato in frantumi il vetro per poi conficcarsi, anche se questo non non è ancora chiaro, sul fianco della vittima. È certo che nell’abbordaggio della Smart il killer, o i killer abbiano affiancato l’auto dal lato del passeggero. Il lato dove trovava posto il piccolo. Che è sceso dalla macchina. Seguendo, per istinto e per paura, ciò che stava facendo Di Giacomo. A quel punto i sicari si sono concentrati sul loro obiettivo. Hanno inseguito la vittima e lo hanno colpito alla testa facendo fuoco forse con due pistole. Una a tamburo e una automatica. Questione di centimetri, dunque.

Un omicidio per sancire gli equilibri nella zona. Chi ha inviato i killer ha voluto stabilire il predominio nella stessa fetta di territorio dove Di Giacomo stava cercando di farsi largo. Via Eugenio l’Emiro, ad angolo con via Corradino di Svevia, era il suo quartiere generale. Lì c’erano la sua casa e la sua sala giochi. A pochi passi c’era il salone da barba dove era stato prima di essere ucciso. Lì c’era la porzione di marciapiede dove incontrava tanta gente. Su questo si concentrano le indagini dei carabinieri, coordinate dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci.

Lo hanno ammazzato per fare capire chi comanda. “Senza soluzione di continuità fra il carcere e l’esterno”, sussurra un investigatore. In carcere Di Giacomo c’era stato nel 2008, nei giorni del blitz Perseo. Fu assolto perché alcune intercettazioni dell’inchiesta furono dichiarate illegittime. In carcere, da pochi mesi, non ci sono più alcuni vecchi capi. “Dopo l’arresto di Alessandro D’Ambrogio che era il vero dominus della zona – spiega Agueci – il mandamento di Porta Nuova è diventato teatro di ambizioni. Tutti quelli che avevano un qualche legame mafioso hanno cercato e cercano di espandersi. Anche le recenti scarcerazioni di personaggi come Nunzio Milano, Salvatore Gioeli e Tommaso Lo Presti creano fibrillazioni”.

Ed ancora: “Ci sono anche equilibri o conflitti che si creano in carcere e che poi vengono portati fuori”. Già, il carcere, dove è ancora rinchiuso il fratello della vittima, Giovanni Di Giacomo. Ergastolano per alcuni omicidi fu pure coinvolto nel tentativo di avvelenare in cella – su ordine di Totò Riina, Pippo Calò e Michele Greco – Gerlando Alberti, u paccarè, anziano padrino di Porta Nuova, morto due anni fa. Quali scenari ipotizzare? C’è il rischio che qualcuno reagisca? “E’ chiaro, perché non si può escludere, che c’è il timore che si possano verificare altri episodi di questo tipo”, spiega Agueci che conclude: “In un momento di riassetto possono succedere questi omicidi, manifestano anche momenti di insofferenza e di volontà di controllo del territorio. Purtroppo, nonostante gli arresti, la mafia è ancora presente ed è forte. C’è una fetta di popolazione che ancora si riconosce in Cosa nostra e ha i suoi referenti nella mafia. Per fortuna oggi c’è anche un’altra Palermo”.


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