"In 4 abbiamo ucciso il boss" | Confessione e misteri di un delitto - Live Sicilia

“In 4 abbiamo ucciso il boss” | Confessione e misteri di un delitto

Il luogo dell'omicidio Calascibetta

Cosa racconta il rapinatore killer che si è auto accusato dell'omicidio di Giuseppe Calascibetta.

PALERMO – Un pomeriggio dell’ottobre scorso. Un rapinatore molto noto alla polizia si presenta al commissariato Zisa. Confessa di essere il killer del boss Giuseppe Calascibetta e inizia un giallo su cui indagano gli agenti della Squadra mobile.

Il rapinatore, poco più che quarantanne, con una sfilza di precedenti penali è confuso e impaurito. All’inizio sembra che a spaventarlo sia la reazione del suocero, il quale ha scoperto la sua relazione extraconiugale. Poi, però, dopo avere ammesso di avere commesso una serie di rapine, si auto accusa del delitto del capo mandamento di Santa Maria di Gesù.

Faceva parte del commando di quattro persone che entrò in azione nel settembre del 2011 in via Belmonte Chiavelli. Lui e altri tre rapinatori crivellarono il boss. Il killer reo confesso conosceva l’identità della vittima e il suo peso mafioso. Ha fatto i nomi dei complici, ma non sa quello del mandante. Fu uno dei quattro componenti del commando, suo amico, a dirgli che gli serviva una mano per ammazzare Calascibetta. Lui sapeva soltanto che c’era di mezzo una questione di soldi.

Sul delitto mostra di conoscere alcuni particolari – ad esempio il numero dei colpi sparati – che potrebbe non avere appreso dalla semplice lettura dei giornali. Perché mai dovrebbe accusarsi di un omicidio che non ha commesso per cui rischia l’ergastolo? Ecco il cuore della questione. Dall’altra parte bisogna dare per buona l’ipotesi che la mafia si sia servita di quattro rapinatori per ammazzare un pezzo grosso di Cosa nostra.

Il procuratore aggiunto Salvatore De Luca e i sostituti Maurizio Agnello e Caterina Malagoli stanno cercando di testare l’attendibilità del rapinatore. Il primo possibile riscontro non è arrivato: aveva, infatti, indicato il luogo, un terreno a Santa Maria di Gesù, dove sarebbe stata nascosta la pistola, di cui però non c’è traccia. Il personaggio del mistero nel frattempo è al sicuro. I suoi presunti complici libero, ammesso che abbiano davvero premuto il grilletto insieme a lui.


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