Palermo, referti medici nel covo, la sanità ha protetto Messina Denaro

Referti medici nel covo, la sanità che ha protetto Messina Denaro

Sotto inchiesta è finito anche un oncologo molto noto

PALERMO – Uno scatolone con referti, esiti di esami specialistici e di laboratorio, visite oncologiche. Lo hanno trovato nel rifugio di Campobello di Mazara. Matteo Messina Denaro in questi ultimi anni è stato soprattutto un paziente in cura. Ha fatto ingresso in tante strutture sanitarie, pubbliche, private e provate convenzionate. E c’è un oncologo di Trapani sotto inchiesta.

È possibile che nessuno si fosse accorto della falsa identità? Mai è stato necessario che il latitante svelasse chi fosse davvero?

Sotto inchiesta ci sono due medici. Innanzitutto il medico di base Alfonso Tumbarello, che per lungo tempo ha avuto in cura sia Matteo Messina Denaro che il suo alias Andrea Bonafede (altro spessore il suo tanto che è indagato per mafia) che gli ha prestato l’identità. Tumbarello, 70 anni, pneumologo, è molto noto a Campobello di Mazara anche per i suoi trascorsi in politica.

Per mesi avrebbe ricevuto il padrino corleonese allo studio, gli avrebbe suggerito di sottoporsi ad accertamenti e prescritto farmaci. Insomma, si occupava di due pazienti con lo stesso nome. Quando Messina Denaro si è ammalato in maniera più grave gli avrebbe suggerito le mosse necessarie per affrontare il cancro.

Di fronte ad una patologia molto grave, come tutti i comuni mortali, Messina Denaro ha cercato chi gli offrisse la migliore assistenza. Ed è uscito allo scoperto. Tumbarello davanti agli inquirenti avrebbe cercato di difendersi, dicendo di essere andato in pensione a dicembre. Ma i loro rapporti sono antecedenti.

Discorso diverso per Giovanni Luppino, 59 anni, titolare di una piccola impresa agricola. “Un signor nessuno”, lo ha definito il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia. Nessun precedente penale di rilievo. Un insospettabile, insomma, scelto come autista per non dare nell’occhio.

Dopo anni passati a spaccarsi la schiena in campagna ha avviato una piccola impresa che ammassa olive Nocellara del Belìce e le rivende.

È al mondo della sanità che i carabinieri del Ros guardano con interesse. Nel registro degli indagati nelle ultime ore è finito un oncologo trapanese, Filippo Zerilli. Anch’egli molto noto, lavora all’ospedale Sant’Antonio Abate di Trapani. È il direttore della clinica oncologica.

Conoscere l’identità del padrino, qualora le cose siano andate davvero così, sarebbe stato decisivo per le cure. In ballo ci sarebbe stata la necessità di eseguire un esame del Dna.


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