Palermo, mafia: il ritorno del boss, "finalmente ci siamo riuniti tutti"

Mafia, il boss tornò libero a Palermo: “Finalmente riuniti”

Amico di Nicchi, scelto dai Lo Piccolo, chi è Pietro Tummina

PALERMO – In carcere c’era finito nel 2008. Dodici anni dopo, nel novembre 2020, Pietro Tumminia aveva finito di scontare la condanna per mafia. Oggi è stato arrestato di nuovo. La sua libertà è durata appena un anno otto e mesi.

Giusto il tempo, così dicono i pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia e i poliziotti della squadra mobile, di riprendere in mano il potere della famiglia mafiosa di Altarello, mandamento mafioso della Noce.

Quel potere che a metà degli anni Duemila gli era stato assegnato dai boss di San Lorenzo, Salvatore e Sandro Lo Piccolo, padre e figlio, rinchiusi all’ergastolo.

Pietro Tumminia allora imponeva il pizzo e il prezzo della vendita della carne, lui che era macellaio. “Qua comando io ora, qua ci siamo noi”, diceva a chi storceva il naso. Era forte pure della benedizione dell’allora latitante Gianni Nicchi.

Nicchi e Tumminia erano entrambi legati al padrino di Pagliarelli, Antonino Rotolo, che prima di finire all’ergastolo aveva progettato di sfidare Salvatore Lo Piccolo all’ultimo sangue.

Tumminia aveva passato indenne quella stagione di fibrillazione, finendo per guadagnarsi persino la fiducia dei Lo Piccolo che avrebbero voluto morti tutti gli uomini di Rotolo. A cominciare proprio da Gianni Nicchi.

Ed invece Lo Piccolo, che all’epoca aveva messo le mani su gran parte della città di Palermo, aveva scelto Tumminia per la famiglia di Altarello. In realtà la sua prima scelta era caduta su un altro nome. Il boss di San Lorenzo, quando seppe dei rapporti con Rotolo, decise di sostituire Tumminia con Giuseppe Geraci.

La contromossa di Tumminia è stata ricostruita dal collaboratore di giustizia Andrea Bonaccorso: “Ma come può essere Geraci reggente se ha dei parenti nelle forze dell’ordine?”, e così tornò in auge il nome di Tumminia, nominato reggente sotto la supervisione di Giancarlo Seidita, altro scarcerato tornato in cella nel maggio scorso.

Una volta libero Tumminia avrebbe voluto al suo fianco Daniele Formisano e Paolo Castelluccio due degli arrestati di oggi, che si erano guadagnati stima e fiducia sul campo. Loro ad esempio sarebbe stata l’iniziativa di aprire un parcheggio, in via Perpignano, in modo da garantire i soldi necessari alla famiglia di Tumminia. L’attività commerciale – “Easy Parking Perpignano” – sarebbe stata intestata a un prestanome e ora è finita sotto sequestro.

Il giorno della scarcerazione del capo, Formisano era contento: “Finalmente ci siamo riuniti tutti”, diceva Formisano. Tumminia lo correggeva: “… quasi… quasi manca ancora qualche fratuzzo”. Probabilmente si riferiva al fratello Vincenzo, già capo della famiglia mafiosa e tuttora detenuto per mafia.

Nei giorni della Pasqua successiva alla scarcerazione arrivò un dono speciale per Tumminia. Glielo inviò Guglielmo Ficarra, allora uomo forte alla Noce e oggi detenuto: “Piccioli… 9.000 euro… Guglielmo… buona Pasqua”. Soldi rigorosamente in contanti.


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