PALERMO – “Se tu non hai paura pensa noi di mezzo alla strada se abbiamo paura di voi… non di te, di voi”, diceva Antonino Seranella. Di fronte aveva il nigeriano Kingley Isiguzo Tochi. Lo rimproverava affinché tutta la comunità africana che vive a Ballarò e dintorni capisse che le regole le stabilisce Cosa Nostra.
Degrado e disperazione in centro storico
I nordafricani si sono insediati in una grossa fetta del centro storico di Palermo. Hanno aperto attività commerciali e affittato case, molte delle quali sono bettole. C’è chi lavora onestamente e chi si occupa di droga al pari dei palermitani. Hanno raggiunto un accordo: Cosa Nostra fornisce gli stupefacenti e gli extracomunitari li spacciano. L’integrazione criminale funziona e intere strade del centro storico sprofondano nel degrado e nella disperazione.
Seranella, ex braccio destro del boss
Ogni tanto sale la tensione. Allora i boss intervengono per mettere in chiaro le gerarchie. Seranella è stato arrestato dai carabinieri nel blitz dei 181 delle scorse settimane. Era tornato libero nel 2023 dopo avere scontato dieci anni di carcere. Nel 2013 fu coinvolto nella stessa operazione del capo mandamento di Porta Nuova Alessandro D’Ambrogio, di cui l’ex Pip Seranella era il braccio destro.
Isiguzo viene processato a piede libero per sequestro di persona a scopo di estorsione. La sua condanna a 30 anni è stata annullata con rinvio dalla Cassazione. Nel processo è caduta per sempre l’accusa che avesse fatto parte di una costola della Black Axe, la potente mafia nigeriana, insediata a Palermo.Successivamente è stata anche archiviata un’inchiesta per droga ed è stato assolto dall’ipotesi che avesse violato la sorveglianza incontrando pregiudicati.
L’intercettazione
Il suo resta un nome di riferimento per la comunità nigeriana. Un anno e mezzo fa è stata intercettata una sua conversazione con il mafioso all’interno nel negozio di generi alimentari che gestisce in piazza San Pasquale.
I toni erano accesi. Seranella lo rimproverava per il caos davanti al suo locale. Residenti e commercianti protestavano: “Paesà evitiamo stu bordello qua, troppa confusione, per ora non è possibile… ci sono altri bar qua… altri negozi come questo…”.
Isiguzo rispondeva dicendo di essere stato autorizzato e citava “lo zio” e “Vincenzo”. Seranella iniziava a perdere la pazienza: “… qua non è possibile… perché qua ci sono… non ti devo dare troppe spiegazioni a te, anzi tu se sei intelligente mi devi capire a me… forse non hai capito… a me di zio non mi interessa… lascialo stare zio… l’amicizia è una cosa, cose mie di strada è un’altra cosa… hai capito che ti voglio dire?”.
“Devi stare calmo”
Piccola pausa, poi riprendeva: “… forse non hai capito… a me di zio non mi interessa… o dobbiamo fare finta di non capire o tu sei stupido… hai capito?… tu arrivi e fai burdiello cà… tu devi stare calmo… è inutile che ti innervosisci, perché poi se mi innervosisco io… poi ci innervosiamo tutti e ognuno si prende le sue responsabilità… hai capito?… per ora ti ho portato troppo rispetto”.
Già c’erano state delle frizioni: “L’altra volta già ti ho avvisato, già due volte che dici… che ti innervosisci… e che fai pure se ti innervosisci, che fai?… e ma tu non ti puoi innervosire… prendi la bottiglia, la rompi… che rompi la bottiglia?… che fa?… ti ricordi quando è successo, quei tuoi paesani là… tu te lo ricordi i tuoi paesani tutti fratelli, amici e sorelle… non mi dire minchiate, perché poi ci incazziamo tutti”.
I ricordi di un passato non troppo lontano tenevano banco. Si rischiava lo scontro: “… noi di mezzo alla strada pensi che abbiamo paura di voi tutti… io ti sto dicendo a te… qua le cose si dimostrano… non si parla sempre, ti avviso la prima… la seconda… la terza non avvisiamo più, lascia stare il rispetto e volere bene…”.
La “palummedda” in carcere
Corsi e ricorsi storici. Qualche anno fa nella sezione maestrale del carcere Pagliarelli di Palermo arrivò “la palummedda”. I nigeriani non andavano toccati “perché ci hanno aiutato”. Il diktat proveniva dai mafiosi di Ballarò, famiglia che fa parte del mandamento di Porta Nuova, e l’aiuto ricevuto riguardava i traffici di droga.
Anche allora il protagonista era stato Seranella. Era scoppiata una rissa mentre palermitani e nigeriani giocavano a pallone in carcere. Un fallo di gioco fu il pretesto per mettere le cose in chiaro. Comandavano i palermitani. La vendetta era pronta. Poi sarebbe arrivata “la palummedda”. Paolo Lo Iacono, mafioso di Palermo Centro, fece sapere che “si dovevano tutelare i nigeriani”. Perché? “C’era un interessamento particolare perché li usavano nel traffico di droga”.
I nigeriani si sono accollati il lavoro sporco. I palermitani spacciano soprattutto cocaina, venduta a consumatori di fascia più alta. Ai tossici di eroina e crack, che occupano il gradino più basso e maleodorante della lista dei clienti, ci pensano i nigeriani che sanno essere violenti. La convivenza criminale funziona, ma ogni tanto bisogna chiarire le gerarchie.
Nel frattempo ci sono strade del centro storico diventate impraticabili e figli di Palermo perduti nel crack. I pusher vengono scoperti, arrestati e condannati ma c’è la fila per prendere il loro posto. La gente per bene del quartiere scende in piazza per chiedere l’intervento delle istituzioni. Servono fatti e non parole.