Palermo, il boss intercetto: "Ci vuole chi si intesta la ditta"

Palermo, il boss intercettato: “Ci vuole chi si intesta la ditta”

Così a Porta Nuova riciclano i soldi guadagnati con la droga

PALERMO – A Porta Nuova cercavano persone “pulite”. Gente disponibile a intestarsi immobili e attività commerciali. C’è chi fa il prestanome per pochi spiccioli.

Il traffico di droga è redditizio, ma bisogna mettere i guadagni al sicuro. Come? Investendoli, in maniera da potere accumulare altri soldi e aiutare le famiglie dei detenuti.

I carabinieri, nell’ambito del recente blitz, hanno intercettato una conversazione fra il boss Tommaso Lo Presti, che sarebbe tornato al potere, e Domenico Lo Iacono. È venuto fuori il manifesto del loro modus operandi: “… mi senti un minuto?… casomai… me lo puoi trovate tu ad uno o ad una… che gli dobbiamo intestare la ditta… e gli diamo duecento euro a settimana ci vuole chi si intesta la ditta… un anno, due anni, tre anni… poi se la cosa va bene… si fa pure l’aumento… e gli diamo pure la parte… per ora poi ogni settimana ha duecento euro… glielo vuoi dire a Mario? Mario non ha mai fatto niente? Deve essere pulito…”.

Attività commerciali, ma anche immobili da intestare a persone di “facciata”. Tutto per aiutare quelli che Giuseppe Incontrera, boss assassinato la scorsa settimana, definiva “i fratelli nostri”. Perché ai detenuti “non li possiamo lasciare digiuni”, diceva Incontrera che per un periodo avrebbe guidato il clan assieme al consuocero Giuseppe Di Giovanni. Nel frattempo gestiva anche la cassa.

Erano fedeli alleati, ma Incontrera non risparmiava critiche a Di Giovanni che spesso era troppo morbido nell’affrontare situazioni in cui bisognava, al contrario, mostrare il pugno di ferro.

Ben diverso era il comportamento del fratello, Gregorio Di Giovanni, storico capomafia, oggi detenuto, che ha partecipato al tentativo dei mafiosi di Palermo di riunire la cupola dopo la morte di Totò Riina.

Con Gregorio Di Giovanni era difficile discutere, addirittura “non era possibile andare”. Ma è anche per questa durezza caratteriale che aveva fatto “soldi a palate”. Alcuni restavano digiuni, mentre altri, come il capomafia oggi detenuto, avrebbero nascosto i soldi chissà dove. Ed è i soldi che i carabinieri del Nucleo investigativo stanno cercando.


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