Il fratello killer in semi libertà, i vecchi amici: chi è il boss ricercato

Il fratello killer in semi libertà, i vecchi amici: chi è il boss ricercato

L'Fbi lo cerca a New York

PALERMO – “Mafioso di lungo corso”, lo definiscono gli investigatori. Giovan Battista Badalamenti, 69 anni, nei giorni scorsi è sfuggito all’arresto nel blitz tra la provincia di Palermo e New York. Parentele e amicizie che contano. Misteri e segreti della vecchia e nuova mafia: Badalamenti è un personaggio chiave dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia palermitana. Viene considerato una delle voci più autorevoli della famiglia mafiosa di Torretta in America dove vive da anni e dove non è stato trovato la notte del blitz dagli agenti dell’Fbi.

Il fratello ergastolano

Innanzitutto è fratello dell’ergastolano Martino. Fedelissimo, quest’ultimo, del capomafia di Partinico Vitale Vito assieme al quale è stato definitivamente condannato all’ergastolo per l’omicidio, commesso nel 1997, del boss Antonino Geraci. Tolsero di mezzo il vecchio capo e i Vitale presero il potere. Martino Badalamenti da qualche mese ha ottenuto la semi libertà.

Che Badalamenti faccia parte di Cosa Nostra emergerebbe da una conversazione del 2019 con Francesco Puglisi condannato per estorsione. Commentavano l’omicidio di Frank Calì, capo della famiglia Gambino di New York. “La morte di questo c’ha tagliati a tutti le gambe”, diceva Badalamenti ammetendo di fare parte del clan. “Solo un pazzo, un pazzo… nessuno si permetteva”, aggiungeva. Ed infatti Calì è stato ucciso da un giovane estraneo a contesti mafiosi. “E meno male Battì”, spiegava il suo interlocutore. Altrimenti sarebbe potuta esplodere una sanguinosa guerra di mafia. Puglisi per un momento aveva temuto che a morire fosse stato lo stesso Badalamenti o Silvester Davì, considerato un pezzo grosso della famiglia newyorkese.

Furono giorni di fibrillazione, di “allerta” in America e anche in Sicilia. Dell’omicidio Calì Badalamenti parlò con il fratello ergastolano durante un colloquio nel carcere di Sulmona. Per prudenza non facevano il nome del boss assassinato: “… quel criaturi che portava quest’acqua in America… (parlava di import export di noti marchi di acque minerali ndr) un amico che… aveva l’esclusività là… l’hai capito chi è?”.

La vacanza in Sicilia

Lo scorso agosto è stata monitorata la vacanza di Badalamenti in Sicilia e i suoi contatti con Silvester Davì e Jhon Jack D’Amico (zio Jack), reggente della famiglia Gambino fino al 2008. In particolare gli stava a cuore la semilibertà, ottenuta fra maggio e giugno scorsi, da Martino Badalamenti e Giuseppe Antonio Davì. Sono emersi i forti contrasti fra i fratelli Badalamenti da una parte e il nipote Salvatore Prestigiacomo dall’altra (già condannato per mafia e di nuovo arrestato pochi giorni fa). In passato Prestigiacomo aveva ottenuto dal boss di San Giuseppe Jato Salvatore Mulè di consentire il passaggio di un affiliato, Francesco Lombardo, dalla mafia siciliana alla Cosa Nostra americana. “Quotato. Me lo sbatto nella m… a lui e a tutti questi quotati. Ma per vero. Me li sbatto”, diceva rabbioso Martino Badalamenti in auto con il fratello sul conto del nipote.

Discorsi di mafia

La sera del 20 luglio 2023, in occasione di una visita di Badalamenti a casa del nipote Prestigiacomo, i due si sono ritrovati da soli e hanno iniziato a commentare nuove e vecchie notizie: la condanna di Giovanni Filippo Angelo e Ignazio Antonio Mannino dello scorso aprile, i contrasti nella famiglia di Torretta e il ruolo del rimpianto capo mandamento Michelangelo La Barbera, capace di serrare i ranghi e di porre fine a qualsiasi contrasto interno alla famiglia mafiosa.

Sopralluogo prima del delitto

Poi discutevano dell’omicidio di Antonino Geraci e di un sopralluogo fatto a Messina al quale Giovan Battista Badalamenti avrebbe partecipato assieme al fratello Martino e a Vito Vitale. A Cesarò, nel Messinese, Geraci aveva vissuto al soggiorno obbligato prima di essere ricoverato all’ospedale Civico di Palermo, nelle cui vicinanze fu assassinato il 23 novembre 1997.

Subito dopo Badalamenti confidava a Prestigiacomo di essere stato contattato, con il massimo riserbo, dal mafioso Nicolò Salto per la risoluzione di alcune delicate questioni. Infine parlavano del ruolo di don Ciccio Rappa, considerato l’uomo forte del blitz, del boss di Altofonte Mimmo Raccuglia e di Matteo Messina Denaro. Anche per queste sue conoscenze gli investigatori attribuiscono a Badalamenti un ruolo di primo piano. Da qualche giorno è ricercato.


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