Palermo, omicidi, pentiti e misteri: quando il boss Corona prese la parola

Omicidi, pentiti e bugie: quando il boss Corona prese la parola

In un recente processo chiese di fare lunghe dichiarazioni spontanee
Giuseppe Corona

All’Ucciardone di “ospiti illustri” nel mondo di Cosa Nostra ce n’erano parecchi. Stefano Fontana era uno di questi: “Alla nona sezione io affaccio dalla finestra perché era isolata e vedo suo padre, Stefano Fontana, perciò lo conoscevo, l’ho chiamato. Ciao, ciao, ‘hai bisogno di qualcosa?’, ‘sì, sono senza sigarette’, e mi ha mandato tre pacchetti di Merit, e questa è la volta successiva che ho visto suo padre. Lo rivedo nel ‘92, sempre in carcere, perché sempre questo amico di questo Giuseppe Di Stefano… per l’oltraggio sono stato condannato, signor giudice, nel ’92 mi fa arrestare di nuovo questo Giuseppe Di Stefano, per rapina mi fa arrestare, mi fa arrestare per rapina e sono stato assolto tra le altre cose, perché questo Giuseppe Di Stefano detto il capellone aveva chiamato, aveva fatto una telefonata anonima e poi si è presentato, perché era un confidente, che era confidente”.

“Si avvicina suo padre…” E siamo al secondo incontro con Stefano Fontana, ricostruito da Corona: “E incontro suo padre nel dicembre del ’92, incontro suo padre al Tribunale, Raffaele Galatolo e Vincenzo Galatolo, che non lo conosco di vista, non ci ho mai avuto confidenza. Si avvicina suo padre, perché a lui lo avevano arrestato appunto per l’omicidio di Gaeta, a lui avevano arrestato, a suo zio e a Calogero Pillitteri, Calogero Pillitteri era all’Ucciardone però era alla sesta sezione, io ero alla settima sezione. Non di meno a questo mi chiede suo padre se io stavo uscendo, perché ero stato assolto, e mi chiede se io potevo vedere a questo Calogero Pillitteri, gli ho detto ‘guarda, io sono alla settima sezione, non lo vedo’, ‘ma gli puoi fare sapere qualche cosa?’, ‘ma che gli devo fare sapere?’, dice ‘no, gli dici che sta tranquillo che non c’è niente’, gli ho detto ‘va beh, va beh, vediamo’, e io siccome ero alla settima sezione quando sono arrivato mi sono preparato i miei vestiti, la mia roba, e me ne sono uscito”.

Tra i primi membri della famiglia Galatolo con cui Corona racconta di avere avuto rapporti è Stefano Galatolo. Si sono conosciuti nel 1992 perché “è stato in cella con me, mentre io ero in galera per questa rapina, e quindi ho avuto modo di parlare e di sapere, perché sono molto logorroici, sono uomini d’onore, dalla pancia non esce niente ma dalla bocca non si sa quello che esce, non si sa, sono stati sempre così tutti. Dopodiché io sono uscito e conoscevo di vista Gaetano Fontana… conoscevo il padre, lo incontravo così, sporadicamente l’ho incontrato, una volta mi pare che l’ho incontrato pure a piazza Unità d’Italia, insomma per quello che io potevo gli davo qualche buon consiglio, poi dal ’94 io sono entrato in carcere, c’è stata un’interruzione di sei mesi, dal ’94 fino al 2011, 18 novembre 2011, perché ho pagato un omicidio, e lì cosa avvenne?… sono stato in carcere dal ’94, e in questo frangente mi pare dal ’94- ’95 c’è stato Angelo Galatolo figlio di Pino in cella con me alla settima sezione quarto piano quattro, nel ’96 ero a Porto Azzurro, mia sorella aveva subito un intervento… e mi hanno dato un permesso con la scorta per andare da mia sorella, perché praticamente mentre ero in decorrenza termini ero in libertà nel ’96, appunto questi sei mesi che io sono stato fuori, mi è arrivato il definitivo ventitré anni di carcere”.

Alla fine di anni di carcere ne ha scontato 17 anni per un omicidio commesso dopo una banale lite per la restituzione di un braccialetto: “… mi sono fatto le valigie e per non stare a Palermo, per non stare all’Ucciardone o al Pagliarelli, mi sono costituito alla Gorgona, poi da la Gorgona mi hanno portato a Livorno e da Livorno dove c’era suo padre, appunto a Livorno, il padre di Gaetano Fontana, e mi portarono a Porto Azzurro. Comunque a Porto Azzurro è successa sta cosa di mia sorella e mi hanno dato questo permesso di due ore per andare a casa di mia sorella a Monreale, e mi hanno appoggiato nella cella di suo cugino Vito Galatolo, figlio di Vincenzo”.


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