Palermo, omicidi, pentiti e misteri: quando il boss Corona prese la parola

Omicidi, pentiti e bugie: quando il boss Corona prese la parola

In un recente processo chiese di fare lunghe dichiarazioni spontanee

“Signor Giudice, mi scusi, la mia precisazione era riguardo le dichiarazioni di Gaetano Fontana, del signor Gaetano Fontana, che conosco come conosco i suoi fratelli, conoscevo suo padre, e conosco anche i suoi parenti, i Galatolo”.

Iniziarono così le lunghe dichiarazioni spontanee di Giuseppe Corona, oggi condannato a 19 anni e mezzo di carcere. Prese la parola per smentire Gaetano Fontana, sulla cui genuina collaborazione con la giustizia dubitano gli stessi pubblici ministeri di Palermo, ma finiva per raccontare fatti e circostanze nuove.

Arrestato nell’estate del 2018 con l’accusa di essere affiliato alla famiglia di Resuttana, ma molto legato ai mafiosi di Porta Nuova.

Corona è cresciuto nel quartiere Acquasanta “e ho conosciuto, gradualmente questi Galatolo e altri parenti, anche insomma per esempio (Gaetano Fontana) ha nominato a Mimmo Castiglione, come si chiama? Mimmo, che è un buono, lo ha menzionato… Onorato l’ha accusato di un omicidio ma non c’entra niente”. Non sarà l’unico delitto a cui fa riferimento l’imputato durante le dichiarazioni spontanee.

Non si sono mai piaciuti Corona, i Fontana e i Galatolo perché “io diciamo che non è corso mai buon sangue tra me e questi ragazzi, si può dire, perché qualcuno voleva fare il bullo ma siccome io sono stato sempre un soggetto impulsivo e una volta ho litigato davanti al bar Scatassa, lui se lo dovrebbe ricordare, Gaetano Fontana, ho litigato con Stefano Galatolo, con Angelo Galatolo figlio di Vincenzo, eravamo ragazzi, cose da ragazzi, e poi sono corsi tutti. Comunque in ordine a questo insomma c’è stata una frequenza perché io frequentavo quel quartiere e ci avevamo amici in comune che adesso insomma dirò dei particolari come ho conosciuto gradualmente i fratelli Fontana”.

Innanzitutto il padre, che Corona dice di avere conosciuto alla fine degli anni Ottanta: “… il padre intanto l’ho conosciuto io nell’89, ’88-’89, perché anche suo padre giocava a carte, suo padre giocava pure a zicchinetta o a bacarà, giocava, e io l’ho conosciuto in un’occasione in via Oreto… in uno scantinato dove si giocava a zicchinetta e suo padre un sabato sera che poi ci siamo trattenuti fino alla domenica mattina, poi siamo andati a fare appunto colazione in questo bar in via Montepellegrino, Cin Cin, che le posso assicurare che non è dei Fontana, anzi forse l’unica verità che ha detto questo Gaetano Fontana è questa, che non è di loro proprietà questo bar”.

Un paio di anni dopo per Corona iniziano i guai giudiziari: “Nel ‘91 mi arrestano per oltraggio e lesioni a pubblico ufficiale, e mi ha fatto arrestare un amico dei Fontana, un amico dei Fontana, Giuseppe Di Stefano. Dice com’è che mi ha fatto arrestare questo? Perché mi hanno arrestato a me e a Ruisi Gaetano, Ruisi Gaetano aveva una Renault undici turbo e gliela aveva prestata a questo Giuseppe Di Stefano, detto il capellone, è morto questo, signor giudice, e le dico ora pure come è morto. Praticamente che cosa è successo? Questo scappò dal posto di blocco nell’aprile del ’91, ci ha riconsegnato la macchina a Ruisi e non gli ha detto che era scappato al posto di blocco. Praticamente noi siamo usciti con questa macchina di sera, appena la polizia ci ha visti ci ha inseguiti, comunque morale della favola mi arrestano, mi arrestano e mi portano all’Ucciardone alla nona sezione”.


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