La donna del mistero non è Rosa Belotti. Non è suo il Dna estratto dal guanto trovato accanto al cratere della strage di Capaci.
La “biondina” dell’identikit
Su richiesta della Procura di Caltanissetta il giudice per le indagini preliminari David Salvucci, il 31 marzo scorso, ha archiviato l’inchiesta sulla “biondina” dell’identikit di un’altra strage, quella di via Palestro a Milano.
Le indagini dei carabinieri del Ris hanno escluso la compatibilità del profilo genetico di Belotti con quello trovato nel guanto e in una torcia nei luoghi dell’attentatuni. L’indagine era partita nel 2022 da una segnalazione della Procura di Firenze.
Cosa scrive il Ris
Gli esperti delle investigazioni scientifiche scrivono: “È possibile affermare con ragionevole certezza che il profilo del Dna di Belotti Rosa non sia presente nelle miscele genotipiche oggetto di confronto”. Circostanza che, sommata al fatto che “nessun altro elemento è emerso a sostegno dell’effettivo coinvolgimento dell’indagata nella strage di Capaci”, ha portato il procuratore Salvatore De Luca, l’aggiunto Pasquale Pacifico e il sostituto Nadia Caruso a chiedere l’archiviazione.
Un’archiviazione che arriva a pochi mesi da quella dell’ex poliziotto Antonio Federico. Negli anni Ottanta era sovrintendente in servizio al commissariato di Alcamo. L’iniziale accusa di depistaggio era stata derubricata in false dichiarazioni al pm.
La foto dentro il libro
Le due vicende sono intrecciate. Era stato ipotizzato che l’ex poliziotto non avesse voluto raccontare tutto ciò che sapeva sulla fotografia che probabilmente ritraeva Rosa Belotti, la “biondina” indagata con l’accusa di avere partecipato alla strage di Milano del 27 luglio 1993. Federico trovò la fotografia durante le indagini sull’attentato compiuto da Cosa Nostra in una villetta di Alcamo. Era nascosta dentro un libro.
C’era poi la vicenda dell’identità di una fonte confidenziale di cui l’ex poliziotto non fece subito il nome e grazie alla quale aveva compiuto una perquisizione a “due agenti dell’Arma dei carabinieri in servizio ad Alcamo” in possesso di un “cospicuo arsenale illegalmente detenuto”.
Fu sempre la “fonte confidenziale Max” a dire a Federico che avrebbe trovato anche “una fotografia di una donna” in collegamento con i servizi segreti. Dalle indagini di Caltanissetta è emerso che la foto ritraeva Belotti che però non è risultata legata ai servizi di sicurezza.
I pm individuerebbero l’informatore in Nunzio Purpura, oggi deceduto e un tempo in forza al Sisde, di cui Federico riferì ai pm di Firenze. Disse di non avere fatto il nome prima per paura e ammise che fu proprio Purpura ad indicargli che avrebbe trovato “una foto all’interno di un libro”.
Rosa Belotti ha sempre negato le accuse. Il mistero della donna resta. I profili genetici neppure sono di dell’ex poliziotto Giovanni Peluso e della ex compagna Marianna Castro accusati dal pentito Pietro Riggio di avere partecipato alla strage di Capaci.
Riggio, collaboratore di giustizia dalla traballante credibilità, è stato detenuto con Peluso nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. In cella Peluso avrebbe confidato a Riggio, che ha taciuto per anni la circostanza, di avere partecipato all’attentato di Capaci.