Messina Denaro, il consigliere medico, la pista che porta a Palermo

Messina Denaro, il consigliere medico e la pista palermitana

La rete di protezione sanitaria del capomafia e i boss di Palermo

PALERMO – Matteo Messina Denaro aveva un consigliere medico, qualcuno che lo ha seguito nell’iter ospedaliero. Lo ha aiutato e probabilmente protetto. A fare da tramite con il personaggio misterioso potrebbe essere stata la sorella Rosalia.

Il ruolo di Rosalia Messina Denaro

Non è un caso che la donna, arrestata per mafia, conservasse nella casa di famiglia, a Castelvetrano, nascosto dentro la gamba di una sedia, il diario clinico dell’allora latitante. Quelle informazioni, con tutti i passaggi delle operazioni e delle cure, le servivano per tenere aggiornato il medico.

Qualcuno al di sopra del medico di famiglia, Alfonso Tumbarello, avrebbe suggerito il percorso sanitario da seguire. Dalle motivazioni del provvedimento con cui il Tribunale del Riesame ha respinto l’istanza di scarcerazione di Tumbarello, arrestato per concorso esterno e falso, è emerso che la scheda sanitaria digitale del capomafia era stata secretata. Un modo per garantire il massimo della riservatezza a Matteo Messina Denaro.

Il contatti e le parentele di Rosalia Messina Denaro portano gli investigatori a concentrarsi sulla famiglia Guttadauro. Il marito di Rosalia è Filippo Guttadauro (sta scontando l’ergastolo bianco), fratello del boss di Brancaccio, Giuseppe, ex medico chirurgo dell’ospedale Civico di Palermo. Quest’ultimo, tornato in carcere l’anno scorso, ha mantenuto una rete di relazione con personaggi dell’alta borghesia e altri legati al mondo della sanità.

Rosalia mai ha smesso di avere contatti con la famiglia del marito. Ed è per cercare riscontri che i carabinieri del Ros, dopo l’arresto del latitante, sono andati a perquisire la casa di Maria Mesi, la donna che in passato ha avuto una relazione con il capomafia di Castelvetrano. Maria Mesi lavorava nell’azienda ittica della famiglia Guttadauro.

“Crogiuolo di relazioni”

Il Tribunale del Riesame, nel provvedimento con cui ha respinto l’istanza di scarcerazione di Tumbarello, scrive: “L’indagato si trova ancora al centro di quel crogiuolo di relazioni territoriali e sanitarie, tutte da accertare, che hanno condotto e concorso alle mistificazioni necessarie a garantire nel tempo, la latitanza del boss e che, al contempo, valgono a radicare il pericolo della ripetibilità di analoghe condotte in favore
dell’associazione mafiosa, con la messa a disposizione delle personali competenze e conoscenze nello specifico ambito sanitario”.

La rete di protezione

Ed ancora c’è la “necessità di un ‘intensa attività investigativa diretta a ricostruire il tessuto relazionale del detto indagato per un periodo di un trentennio, proprio all’interno di quel contesto sociale ove si sono svolti i fatti, connotato da diffusa connivenza e sul quale l’indagato può esercitare l’influenza che inevitabilmente gli deriva dai trascorsi professionali e personali”.

Tumbarello sarebbe un anello della catena di protezione di cui ha goduto a vari livelli Messina Denaro. E a livello sanitario figura un personaggio misterioso. Una cosa è certa: l’ex latitante non solo è stato arrestato lo scorso 16 gennaio all’esterno della clinica La Maddalena di Palermo, ma nel capoluogo siciliano faceva spesso tappa.


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