Palermo, omicidi, faide, agguati falliti: mafia, nuovo pentito a Porta Nuova

Omicidi, faide, agguati falliti: nuovo pentito a Porta Nuova

Venti di guerra nel mandamento mafioso. Irrompono le parole del neo collaboratore

PALERMO – C’è un nuovo pentito a Porta Nuova. Parla di mafia, droga e omicidi. Come quello di Emanuele Burgio, ucciso alla Vucciria, e quello di Giuseppe Incontrera, freddato alla Zisa. Altro sangue ha rischiato di scorrere a Porta Nuova, mandamento mafioso attraversato da mille tensioni.

Alcune vengono oggi svelate grazie al lavoro della Direzione distrettuale antimafia e dei carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale. E grazie anche al racconto di un nuovo pentito. A Marcello Puccio si è aggiunto di recente Filippo Di Marco, picciotto della droga a Borgo Vecchio che conosce bene le dinamiche mafiose e sta riempendo verbali su verbali.

Per ultimo, secondo l’accusa, il potere era in mano a Giuseppe Di Giovanni e Giuseppe Incontrera. Il primo, da ieri in stato di fermo assieme ad altre 17 persone, è il fratello di Gregorio e Tommaso, che Rubens D’Agostino, altro nome noto alle cronache, in una intercettazione di qualche anno fa definiva “number one” e “number two” .

“Dobbiamo andare a fare la guerra”

Di Giovanni aveva preso il bastone del comando e aveva voluto accanto a se il consuocero Incontrera. Che aveva radunato i soldati. Gente disposta a tutto. Basta leggere le parole che gli diceva Antonino Stassi, uno dei fermati di ieri e in attesa dell’udienza di convalida: “Giuseppe io per Porta Nuova mi faccio ammazzare… io per la famiglia Di Giovanni e la famiglia Lo Presti… dice ci dobbiamo mettere i ferri e dobbiamo andare a fare la guerra… io ci sono sempre disponibile”.

Il potere dei Lo Presti si è rafforzato con la scarcerazione nel febbraio 2020 di Tommaso Lo Presti, soprannominato il lungo, a cui Di Giovanni ha lasciato subito il posto di comando. Così Leonardo Marino, altro fermato, commentava con Incontrera il ritorno del capomafia: “Tutta Palermo c’è la può m…”. “Ora c’è quello”, annuiva l’uomo assassinato la settimana scorsa.

Tensioni sul nuovo capo

Ci fu un momento di tensione con un altro Lo Presti, Calogero, anch’egli scarcerato di recente che di Porta Nuova era stato il reggente. Così il pentito Puccio ricostruisce il clima di quei giorni: “… io apprendo tramite Nicola Di Michele, Incontrera Giuseppe e Salvatore Di Giovanni che Calogero Lo Presti voleva di nuovo la reggenza di Porta Nuova ma Tommaso Lo Presti, il lungo, si è opposto ed ha preso lui la reggenza. Dicevano che era una testa calda, alzava le mani e non è nemmeno ammirato. Si è deciso che si doveva prendere Palermo centro e si stava defilato. Ha un profilo molto importante ma delegava Giuseppe Di Giovanni. La reggenza del mandamento ce l’ha Tommaso Lo Presti. Prima ce l’aveva Gregorio Di Giovanni. Nel lasso di tempo tra Gregorio Di Giovanni e Tommaso il lungo c’era Giuseppe Di Giovanni. Poi è uscito Tommaso e gli spettava di diritto”.


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