Paparcuri, botta e risposta: "Il suo distacco ci addolora, ma..."

Paparcuri, botta e risposta: “Il suo distacco ci addolora, ma…”

La replica dopo l'addio. La polemica continua.

Giovanni Paparcuri lascia il Museo della memoria, il bunkerino, a Palazzo di giustizia. La storia l’abbiamo raccontata ieri, riprendendo un post pubblicato dall’uomo che sopravvisse alla strage Chinnici e fu validissimo collaboratore dei giudici Falcone e Borsellino. Oggi arriva la lunga replica, nero su bianco, della giunta esecutiva dell’Associazione nazionale magistrati di Palermo e della fondazione ‘Progetto legalità’.

La memoria dei martiri

“Il Museo Falcone-Borsellino racchiude la memoria dei nostri martiri – si legge – e per questo la sua gestione deve essere rivolta ad assicurare la più efficace e completa conoscenza e diffusione della storia che racchiude. Il rispetto dei suoi valori comporta quindi l’impegno di tutte le persone ed istituzioni interessate a portare il proprio contribuito a tale scopo, in un comune spirito di serietà e collaborazione, e quindi ad evitare di farne oggetto di inopportune polemiche, che – prima di ogni altra considerazione –certamente non rendono onore a tutti quelli che, con sacrificio infinito, hanno operato in quelle stanze. Tra costoro vi è indiscutibilmente Giovanni Paparcuri, che – come è noto – ha fortemente voluto mantenere viva la memoria di quella stagione, prodigandosi nella raccolta del materiale e nell’allestimento della sede in cui è sorto il Museo, e quindi dedicandosi ad esserne guida appassionata e a dare testimonianza, con insostituibile forza emotiva, di ciò che avveniva in quei locali. Di questo siamo stati sempre consapevoli e grati. E non c’è stato un momento in cui è stato posta in discussione la sua figura ed il suo ruolo all’interno del Museo!”.

“Registrato il distacco”

“Abbiamo però registrato negli ultimi mesi – continua la nota – il suo progressivo e volontario distacco dal Museo, che abbiamo ritenuto temporaneo, così come lo riteniamo ancora adesso, dato che non ce ne sono mai state esplicitamente – e nelle opportune sedi – manifestate le ragioni. In tutto questo tempo, comunque, la continuità delle visite è stata sempre assicurata, e sempre lo sarà, perché ciò è reso necessario dalla importanza del luogo e dalla esigenza di far fronte al numero elevato di richieste, che non hanno mai smesso di arrivare da ogni parte. Le notizia della sua decisione di lasciare il Museo, appresa dalla stampa e dai “social”, quindi ci stupisce e addolora fortemente, anche per le modalità con cui ne siamo venuti a conoscenza. Non riusciamo invero a comprenderne le ragioni, perché quelle riportate dalla stampa risalgono prevalentemente a problemi antichi, in gran parte superati anche grazie al nostro intervento, e comunque di rilevanza modesta e agevolmente risolvibile con un adeguato confronto al quale nessuno di noi si è mai sottratto”.

“Componente fondamentale”

“Continuiamo allora ad essere convinti – si conclude – che la presenza e la testimonianza di Giovanni Paparcuri siano componente fondamentale del Museo e che di conseguenza egli possa ritornare quanto prima ad attraversarne la porta – che non è mai stata chiusa– e a riprendere il cammino insieme, nella considerazione che contrapposizioni banali e prese di posizione rigide e ingiustificate non rappresentano certo un omaggio alla memoria dei nostri eroi”.

L’ultimo post

Sarà ricomposizione? Difficile, perché nonostante i toni accomodanti e il rispetto per una figura storica, non si nasconde il ‘fastidio’ per le “prese di posizione” di Paparcuri, a loro volta irrevocabili e secche. Ieri, prima ancora che questa nota venisse diramata, il custode della memoria del bunkerino, al suo passo d’addio,, ha pubblicato un post tranciante: “In questo luogo ci ho vissuto per 42 anni, ho conosciuto straordinarie persone, ho rischiato di morire, ho ripreso mettendo da parte le tante delusioni che ho dovuto ingoiare. E mai ho detto non mi sembra l’ora che me ne vado in pensione. Il mio sogno era che da morto o poco prima di morire mi avrebbero portato lì per un ultimo saluto. Ma alla luce delle ultime vicende devo confessare che adesso lo odio e non ne voglio più sentire parlare. Era e rimarrà per sempre il palazzo dei veleni”. La foto allegata mostra il Palazzo di giustizia. (Roberto Puglisi)



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