Le intercettazioni e il boss |I segreti della confisca a Pasqua - Live Sicilia

Le intercettazioni e il boss |I segreti della confisca a Pasqua

Le carte della confisca a Francesco Pasqua, re del movimento terra. (nella foto il boss Orazio Privitera)

MAFIA - LE RIVELAZIONI
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CATANIA – Un filo sottile legherebbe il cuore pulsante della mafia catanese con uno dei più importanti imprenditori nel settore del movimento terra della Sicilia Orientale: Francesco Pasqua, destinatario di un sequestro milionario eseguito dalla Direzione investigativa Antimafia guidata da Renato Panvino.

ACCUSA E DIFESA – I giudici ritengono che “dai documenti acquisiti al procedimento, dal certificato del casellario giudiziale e dai carichi pendenti emerge la pericolosità sociale” di Pasqua “e la sua intraneità alla consorteria mafiosa del clan Carateddu diretta da Orazio Privitera e Sebastiano Lo Giudice e del suo inserimento nell’organigramma della consorteria mafiosa denominata Cappello”.

Per valutare la pericolosità sociale i giudici partono dall’arresto del febbraio 2014, avvenuto all’interno dell’operazione Prato verde. I legali dell’imprenditore hanno replicato alle accuse rilevando che la misura cautelare sia stata revocata, in particolare il Tribunale della libertà di Catania ritenne insussistenti gli elementi a sostegno dell’imputazione per associazione mafiosa e l’aggravante del metodo mafioso.

I giudici, nel decreto di confisca, analizzano anche l’assoluzione di Pasqua nel procedimento per il favoreggiamento della latitanza del boss Orazio Privitera, assoluzione che i giudici non condividono ritenendo che “l’appartenenza del Pasqua alla consorteria mafiosa facente capo a Orazio Privitera emerge da numerose conversazioni telefoniche e ambientali” intercettate durante l’operazione Prato verde.

LE INTERCETTAZIONI – Nel dicembre del 2011, l’imprenditore spiega a Calogero Balsamo di volergli parlare di quello che era accaduto nei giorni precedenti tra lui, Franco Marino e Tina Balsamo, moglie del boss Privitera e Giuseppe Privitera, fratello di Orazio. Dalle intercettazioni emerge “l’agitazione degli interlocutori in conseguenza della presenza della polizia”. Gli intercettati avrebbero concordato un appuntamento al fine di adottare una “strategia difensiva unitaria”. Le cimici degli inquirenti hanno registrato l’insofferenza dell’imprenditore Pasqua rispetto all’ostinazione degli inquirenti, proprio durante i momenti di maggior tensione, ovvero quando la polizia stava col fiato sul collo agli uomini ritenuti vicini ai Carateddi. “Ormai – esclama Pasqua – siamo incu….tutti”. Proprio l’imprenditore – ricostruiscono i giudici – accusa la famiglia della suocera di aver fatto trapelare la notizia dei luoghi in cui si nascondeva, durante la latitanza, il boss Orazio Privitera e addossa al figliastro la colpa di avere divulgato la notizia, alludendo alla possibile cattura del boss: “Ce lo stavamo giocando”, dice Pasqua.

In un’altra intercettazione è lo stesso imprenditore ad ammettere – secondo i giudici – le proprie responsabilità nella gestione della latitanza di Privitera, ma Pasqua rivendica anche di aver accompagnato il boss dal pecoraio.

Dalle intercettazioni emergerebbe anche “l’appartenenza” del signore augustano del movimento terra al gruppo del Carateddu. Si tratta delle conversazioni in cui l’imprenditore rivendica di essere stato “sempre da una parte…sempre con i Cursoti sono stato…”.

Per favorire gli affari dell’imprenditore Francesco Pasqua, sarebbe intervenuto anche Orazio Buda, ritenuto “esponente di spicco del clan”: sarebbe riuscito a far eseguire lavori in sub appalto.

Pasqua sarebbe stato vicino a Privitera anche dopo l’arresto, gli inquirenti hanno in mano la documentazione “dei viaggi fatti insieme alla moglie di Privitera, Agata Balsamo, per andare a trovare il boss ristretto in carcere”.

Analizzando le intercettazioni, i giudici ritengono che Pasqua si sia legato al clan tra il 2006 e il 2007, momento in cui sarebbero lievitate anche le movimentazioni sul conto corrente, accompagnate da acquisti per i propri famigliari, di terreni, beni immobili e investimenti di varia natura.

LE CONCLUSIONI – “A fronte di redditi modesti, negli anni in cui è stato accertato il perdurante inserimento del proposto in contesti delinquenziali di primario allarme sociale, la famiglia di Francesco Pasqua ha effettuato investimenti incompatibili con la propria capacità patrimoniale lecita”. Secondo gli inquirenti “a fronte di un disavanzo progressivo accertato in perizia”, Pasqua e i suoi famigliari avrebbero “effettuato acquisti di beni di valore complessivamente rilevante”.

 


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