Pnrr, i fondi per la Sicilia e il braccio di ferro sulla sanità - Live Sicilia

Pnrr, i fondi per la Sicilia e il braccio di ferro sulla sanità

Un fiume di milioni in arrivo al centro delle contese politiche di questi giorni
NUMERI E CIFRE
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PALERMO – Primo, l’assistenza domiciliare e gli ospedali di prossimità. Poi la tecnologia, la digitalizzazione, la formazione. In mezzo, un fiume di milioni che potrebbe cambiare in modo copernicano la Sicilia della sanità. Poco meno di ottocento milioni di euro, terza regione italiana per imponenza di sforzi economici del Pnrr nel settore cruciale della pandemia e oltre: questi i numeri grossi degli investimenti nel settore sanitario che arriveranno con certezza alla Sicilia. Soldi che devono aspettare soltanto la formalità della sigla, entro il 30 giugno, del contratto Contratto interistituzionale di sviluppo con il Ministero della Sanità – in acronimo, il Cis – che conterrà una prima programmazione di massima e che però rispecchierà in linea di massima o dettaglierà il contenuto del decreto ministeriale già emanato.

Fondi da gestire e la lite Miccichè-Razza sulla sanità

Un termine che, come è facilissimo intuire, non risentirebbe delle vicende che girano – e ultimamente vorticano – attorno al governo e alla sua maggioranza: anche nel caso che ormai appare remoto di dimissioni di Musumeci, il governo sarebbe chiamato a gestire la formalizzazione dell’accordo, il cui termine precede di mesi la fine del mandato. Dallo sfondo, però, arrivano alla ribalta gli scricchiolii lasciati in eredità dal voto d’aula sui grandi elettori del Quirinale, con Musumeci colpito dal fuoco amico e relegato in terza piazza: scricchiolii che il leader di Forza Italia Gianfranco Miccichè non ha esitato, parlando con Livesicilia, subito ad attribuire, per la stragrande parte, alla gestione proprio dell’assessorato regionale alla Salute retto da Ruggero Razza, uffici sui quali adesso incombe l’imponente fascicolo di questi finanziamenti. Soldi che potrebbero cambiare radicalmente il volto della Sanità italiana e siciliana in particolare, con cospicui investimenti sull’assistenza territoriale e intermedia delle “Case di comunità” e sugli “Ospedali di prossimità” finanziati con due miliardi complessivi. Un cambiamento di visione, finora documentato sulla carta dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionale, diretta da Domenico Mantoan. Sottilizzando, degli otto miliardi 42 milioni 960 mila 665 euro e 58 centesimi a disposizione di tutto il territorio nazionale, poco più di sei milioni e mezzo sono direttamente imputati alle risorse del Piano nazionale di resistenza e resilienza, mentre il rimanente miliardo e 450 milioni di euro sarà finanziato dal Pnc, il Fondo complementare del Pnrr, così come recita il decreto firmato dal ministro Roberto Speranza. I fondi totali, annota l’Agenas, per la Sanità, superano i 15 miliardi di euro. Una sorta di “tesoretto”, quello liberato dal decreto, messo in piedi per far fronte alle emergenze climatiche e ambientali (e oggi anche pandemiche): “Il piano di investimenti proposto nel Fondo complementare finanziato attraverso lo scostamento pluriennale di bilancio approvato nel Consiglio dei ministri del 15 aprile 2021, è incardinato all’azione di riforma oggetto della Missione 6 del Pnrr, per far fronte efficacemente ai rischi storici ed emergenti di impatto sulla salute di cambiamenti ambientali e climatici”.

La grande chance siciliana

La Sicilia è sul podio della mole di danari ricevuti, con oltre 797 milioni di euro a valere sui diversi rami di intervento, preceduta dalla Lombardia con 1 miliardo e 193 milioni di euro e la Campania con 916 milioni di euro. In posizione di rincalzo il Lazio, cui saranno destinati 681 milioni di euro. Si punta forte, in generale, oltre che sull’ammodernamento tecnologico, telematico, strumentale, su nuove dinamiche di assistenza decentrata. Cioè, domiciliare o intermedia, con creazione di strutture di prossimità. Alla sola Sicilia, per le Case della comunità, sono destinati 216 milioni per la realizzazione di un target di 146 strutture; 16,8 milioni dovranno essere investiti nel capitolo “Interconnessione aziendale e device”; 96,4 milioni serviranno per 39 ospedali di comunità (con la riconversione di attuali o la costruzione ex novo); 139,8 milioni per l’ammodernamento del parco tecnologico e digitale; 114,6 milioni con la stessa causale, analoga causale digitale. Per ciò che riguarda l’acquisto e l’installazione di grandi apparecchiature, 201,1 milioni di euro sono destinati a nuovi progetti di sicurezza e sostenibilità degli ospedali, 2,9 milioni per strumenti digitali per l’interconnessione nazionale, 7,5 milioni per la formazione di 11.700 operatori sanitari.

“Alleggerire i pronto soccorso”

Il diagramma di flusso immaginato dagli strateghi del Ministero vorrebbe rendere residuale e inevitabile il ricorso alle cure negli ospedali tradizionali, così da alleggerire non soltanto il carico sui posti letto, ma pure sui pronto soccorso. Finché sarà possibile, immagina il decreto, cure a casa, tramite le Centrali operative territoriali che si occuperanno di chiamare il 118, organizzare le squadre, garantire assistenza in contatto telematico e telemedico con i presidi ospedalieri; e tramite le Case di comunità, anello di connessione con gli Ospedali di prossimità. Uno studio italiano – dice la relazione Agenas – sulle Case della comunità ha sottolineato la “diminuzione degli accessi al pronto soccorso del 16,1%, più consistente nei pazienti assistiti da Medici di medicina generali che svolgono la loro attività parzialmente o completamente all’interno della Case della comunità (-25,7%), e un effetto altrettanto significativo sull’ospedalizzazione per condizioni sensibili al trattamento ambulatoriale come diabete, scompenso cardiaco, broncopneumopatia cronica ostruttiva, polmonite batterica (-2,4%) e sugli episodi di cura in assistenza do- miciliare (+9,5%), perché nei territori serviti dalle Case della comunità si è intensificata nel tempo (+5,5%) l’assistenza domiciliare al paziente, sia infermieristica che medica”. L’Ospedale di comunità, che serve per le degenze brevi, “può avere una sede propria, essere collocato in strutture sanitarie polifunzionali, presso presidi ospedalieri riconvertiti, presso strutture residenziali oppure essere situato in una struttura ospedaliera, ma è sempre riconducibile all’assistenza territoriale. Si tratta di una struttura con un numero limitato di posti letto, di norma tra 15 e 20; è possibile prevedere l’estensione fino a due moduli”. Da tabelle allegate, le Case di comunità in Sicilia sono fissate come obiettivo in 146, gli ospedali di prossimità in 39, mentre dovranno essere almeno 50 le centrali operative territoriali da affiancare alle sedi Asp già operative. Obiettivo formazione: oltre 11 mila addetti.

Caronia: “Subito tavolo di programmazione”

Tornando al profilo politico e alla disarmonia palpabile in seno alla maggioranza, la deputata della Lega Marianna Caronia, nel ricordare che “entro fine giugno bisognerà firmare il contratto interistituzionale con cui delineare quali saranno le linee guida per la spesa di questo tesoretto”, invoca “con urgenza l’insediamento di un tavolo tecnico-politico di programmazione della spesa, perché questo piano di investimenti, certamente il più consistente mai messo in campo, possa finalmente davvero cambiare il volto del sistema sanitario e socio-sanitario. Occorre coinvolgere certamente l’Assessorato, ma anche l’Ars, l’Anci, le organizzazioni dei medici e tutti quegli attori che operano nella nostra regione e possono dare un contributo di idee e proposte. Si tratterà ovviamente – aggiunge la Caronia – di fare una programmazione che abbia delle priorità politiche: scegliere quale modello di sanità pubblica si vuole adottare, quali strutture esistenti potenziare e quali nuove creare, in che modo costruire la nuova rete territoriale di base e il sistema di assistenza domiciliare, come costruire e rendere duraturi i percorsi di aggiornamento del personale e della dirigenza e quelli per l’ammodernamento del parco tecnologico e delle reti di raccolta, elaborazione e comunicazione dei dati dei cittadini”.


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