Poche domande, tre scivoloni | Giorni in salita per Ciancimino jr - Live Sicilia

Poche domande, tre scivoloni | Giorni in salita per Ciancimino jr

Massimo Ciancimino

Inizia il controesame dell'imputato e testimone chiave del processo sulla Trattativa Stato-mafia.

PALERMO – Pronti via. Pochi argomenti trattati e già tre scivoloni. Inizia il controesame di Massimo Ciancimino. Tre ore dopo il rinvio – causa labirintite – si ha la netta sensazione che per il testimone chiave e imputato del processo Trattativa saranno giorni in salita. Le montagne russe della sua attendibilità.

A porgergli le domande è Francesco Bertorotta, l’avvocato dell’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro, parte civile al processo. L’accusa è che Ciancimino, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa, lo abbia calunniato. L’obiettivo del legale, lo si intuisce da subito, è smascherare Ciancimino jr. Si presenta con una decina di carpette. Una per ogni presunta bugia.

Ed inizia. Ciancimino ha riferito negli anni ai magistrati di avere visto la foto del fantomatico signor Franco pubblicata su un giornalino romano al confine fra il gossip e la pubblicità. Giornalino che, gli ricorda l’avvocato, annunciò di volere consegnare ai magistrati di Caltanissetta. Come è andata a finire? “Mai presentata”. E perché?” Per evitare calunnie. Tutti questi soggetti che si somigliavano, non volevo fare un buco nell’acqua”. Un gesto di responsabilità da parte di Ciancimino che di identificazioni del signor Franco ne ha fatte parecchie. Alcune gli sono costate dei processi.

Di giornalini in verità ce n’erano due. Il secondo numero lo aveva mostrato pure al padre Vito che, vedendo la foto del signor Franco, sbottò: Ma come, uno esperto come lui – avrebbe detto don Vito – “si fici futtiri” finendo sul giornale. Non era un consesso segreto. La fotografia era stata scattata durante un avvenimento mondano.

Ciancimino jr mise a verbale di avere portato la copia del giornalino nello studio parigino di un notaio a cui chiese, qualora gli fosse successo qualcosa, di consegnarlo ai magistrati. In particolare, “al dottore Ingroia” allora procuratore aggiunto di Caltanissetta. Ciancimino ha sempre tenuto nascosto il nome del misterioso professionista. E non lo fa neppure adesso per tutelarne la privacy. Anche nella seconda foto era immortalato il signor Franco. E scatta la contestazione? “Ai pm di Caltanissetta aveva detto che non era il signor Franco, ma Gianni De Gennaro”, gli ricorda l’avvocato Bertorotta leggendo in aula il verbale. Dove sta la verità? “È stato un disguido, non era De Gennaro, ma il signor Franco, che senso aveva conservare una foto di De Gennaro che potevo trovare anche su Internet. In quell’occasione ho sbagliato”.

De Gennaro-signor Franco: argomento caldo. Ciancimino nel 2011 confidò ad un funzionario della Dia che i due erano la stessa persona. Poi, consegnò pure un foglietto, risultato taroccato, che giurava essere stato scritto dal padre con una lista di investigatori avvicinabili da Cosa nostra. Tra i nomi c’era anche quello di De Gennaro. Per tutto questo Ciancimino è finito sotto processo per calunnia a Caltanissetta.

Che l’ex capo della polizia fosse lo spione del mistero in realtà Ciancimino jr lo disse anche ai giornalisti Franco Viviano e Francesco La Licata, pure loro chiamati come testimoni nei giorni scorsi. Ed è il presidente della Corte d’assise, Alfredo Montalto, a chiedergli se davvero abbia fatto questa confidenza ai due cronisti: “Mio padre diceva che parlare con il signor Franco era come parlare con De Gennaro. Come quando per parlare con mio padre si passava dal suo segretario”. Una parziale retromarcia o, chissà, un’incomprensione tra i cronisti e Ciancimino. Dove le dichiarazioni di Ciancimino jr e La Licata fanno a pugni è, invece, la ricostruzione di un retroscena legato alla pubblicazione del libro Don Vito. Ieri la Licata ha detto che Ciancimino, dopo mille tira e molla, aveva svelato che il signor Franco era De Gennaro e insisteva affinché venisse inserito nel libro. Furono La Licata e l’editore a frenare perché “non c’erano riscontri”. Di avviso opposto Ciancimino: ”Volevano lo scoop – dice in aula -. Scrivere che De Gennaro era il signor Franco era eccessivo”.

Altro punto controverso. Nel corso di uno dei suoi tanti interrogatori il super testimone indicò quattro numeri di telefono riconducibili al signor Franco. L’avvocato gli contesta, tabulati alla mano, che si tratta dello stesso numero che Ciancimino aveva registrato su un altro telefono. Era riferibile ad un’utenza greca che, ora ammette lo stesso testimone, era intestata ad un trader greco con cui aveva fatto degli affari e forse qualche gita in barca. Altro che signor Franco.

Siamo solo all’inizio. Il controesame si ferma per la labirintite che impedisce a Ciancimino di andare oltre una soglia di tempo. Si torna in aula il 12 maggio.


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