Scende il Pil, meno investimenti | E la Sicilia è sempre più povera - Live Sicilia

Scende il Pil, meno investimenti | E la Sicilia è sempre più povera

Scende il numero dei disoccupati e di chi non cerca più lavoro. Il divario Nord-Sud e gli effetti del reddito di cittadinanza.

PALERMO – Sempre più povera, fra le regioni meno competitive d’Europa, senza investimenti sufficienti e in affanno quando bisogna usare le risorse che ci sono. È questa la Sicilia che fotografa la Nota di aggiornamento al Defr (Nadefr) approvata dalla giunta. Per il 2019, infatti, l’esecutivo regionale ha deciso di diminuire le stime di crescita dal -0,2 per cento del Pil originario al – 0,4 per cento, un peggioramento di due decimi che segna la perdita di Prodotto interno lordo, e quindi di ricchezza, della Regione. Nel 2020 il Pil dovrebbe tornare a crescere assestandosi allo 0,1 per cento.

Le stime a ribasso sono il frutto di un contesto globale negativo. Come si legge nei primi passi della Nadefr, infatti, a livello nazionale si è realizzata una “revisione al ribasso delle stime sull’andamento dell’economia italiana per l’anno in corso (2019) e per il triennio successivo (2020-2022) rispetto alle previsioni formulate nel Def di aprile”. Anche nella seconda parte dell’anno infatti si è registrato il rallentamento dell’economia mondiale. Il dato che sembrava temporaneo così sembra essere valido per i prossimi anni e così, mentre una crisi economica sembra di nuovo alle porte, la Regione è costretta a rivedere i propri calcoli alla luce di un contesto economico internazionale sempre più debole.

La spesa pubblica è sempre più bassa

E mentre le cose nell’economia mondiale e nazionale vanno male, la Sicilia e tutto il Mezzogiorno sperimentano l’assenza dello Stato. “Il quadro macroeconomico regionale risulta aggravato – si legge nella nota di aggiornamento al documento economico – dalla congiuntura economica internazionale e nazionale e dall’appesantimento della situazione economica per le Regioni meridionali e, in particolare, per la Sicilia”.

A pesare sarebbe, secondo il governo, anzitutto la minore spesa pubblica. La spesa pubblica consolidata e cioè quella che effettuano lo Stato, la Regione, le Province e i Comuni, in Sicilia è ridotta del 16 per cento mentre nelle Regioni a statuto speciale del Nord è superiore alla media nazionale. Scende soprattutto la spesa per investimenti. Nelle Regioni del Mezzogiorno si è ridotta di oltre il 40 per cento, contro un incremento per il Centro-Nord del 13 per cento. In Sicilia, però, la contrazione di questo tipo di spesa è ancora maggiore alla media del Mezzogiorno di oltre il 56 per cento.

Fra le regioni meno competitive

Il quadro non migliora se si guarda al dato della competitività emesso dall’Unione europea sul tema: la Sicilia è fra le ultime venti regioni d’Europa per competitività. Con l’Isola, nel fondo di questa “classifica” ecco la Calabria, una regione interna della Spagna e quasi tutte le regioni greche, romene e bulgare.

Spesa non proporzionale alla popolazione

Il divario fra Nord e Sud vale anche per ciò che riguarda la spesa in proporzione alla popolazione residente. Anche se al Sud abita il 34 per cento degli italiani, la pubblica amministrazione statale spende nel Mezzogiorno poco più del 28 per cento delle proprie risorse mentre “al Centro-Nord sono riversate risorse ordinarie pari al 71,6% contro il 65,6% di popolazione”.

Secondo le stime del governo regionale la Sicilia versa allo Stato un “obolo” di circa 20 miliardi. “Se si prende il 2017 – esemplifica la Nota di aggiornamento al Defr – la spesa pubblica lorda (Stato ed enti statali, Regione, Province, Comuni) ammonta a 963 miliardi di euro mentre, nel Sud, tale dato raggiunge 272,6 miliardi di euro e cioè il 27,8 per cento, inferiore della soglia del 34 per cento. Ciò determina una perdita per i cittadini del Mezzogiorno (il 34,3 per cento) di 62,3 miliardi di euro annui, e per la Sicilia, in termini prospettici, di circa 15 miliardi di euro ogni anno”. Cinque miliardi sarebbe invece, secondo la giunta regionale, il prezzo del prelievo forzoso, della condizione di insularità e dell’emigrazione dei cervelli. La Sicilia e il Sud, da quanto emerge, insomma, contribuiscono alla ricchezza del Nord mentre sperimentano l’ecatombe.

L’autovalutazione sul governo Musumeci

Interessante è, infine, la descrizione che il governo Musumeci fa del suo operato. “Il Governo regionale – si legge nel documento programmatico – fa il possibile tra pesanti eredità del passato, che incidono sulla rigidità dei bilanci e la funzionalità dell’amministrazione”. A pesare c’è il maggiore disavanzo e “una burocrazia invecchiata e carente di nuove professionalità, ormai alla paralisi senza nuovi innesti”. Fra le affermazioni poi, Palazzo d’Orleans  certifica la grossa difficoltà a spendere bene le risorse per i fondi d’investimento affermando “il sostanziale immobilismo delle politiche di coesione, le uniche che possono fornire risorse per il rilancio degli investimenti”. 

Lo scenario socio economico

Il reddito di cittadinanza a regime, nel 2020, porterà nelle tasche dei siciliani oltre un miliardo di euro. Ma gli effetti della misura assistenziale dal punto di vista delle politiche attive del lavoro, nell’Isola, non sono riportate. Nel frattempo il tasso di disoccupazione risulta in leggera diminuzione nel secondo trimestre 2019 del 20,0 per cento, mostrando così una diminuzione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (21,4 per cento) e anche rispetto al dato del primo trimestre (22,3 per cento). Il dato però è tutt’altro che positivo dato che è figlio dell’aumento degli inattivi che nel secondo trimestre del 2019 sono pari al 47,7 per cento rispetto al 47,3 per cento del secondo trimestre del 2018.

Una variazione minima si registra nel numero complessivo delle imprese attive rilevato da Infocamere a giugno scorso (0,1 per cento su base annua), che riacquista un segno positivo, dopo il dato tendenziale negativo del primo trimestre (-0,1 per cento). Si riscontra, nel dettaglio dei settori, la flessione della manifattura (-1,0 per cento) e delle costruzioni (-0,5 per cento), a fronte della crescita nei servizi di alloggio e ristorazione (2,6 per cento) e nelle attività immobiliari (5,6 per cento), in continuità con le tendenze già verificate.

La ricetta del governo.

Il governo però, pur cosciente della situazione internazionale, guarda ai dati positivi e punta sull’innovazione per recuperare il vantaggio competitivo attraverso la Banda Ultra Larga, lo sviluppo sostenibile e le start-up d’impresa. “In un quadro economico che l’Agenzia di rating Moody’s, nell’ultimo aggiornamento di ottobre del suo Credit Opinion Report, ha definito stabile ed in netto miglioramento – si legge in una nota dell’assessorato all’Economia guidato da Gaetano Armao -, il Governo regionale si è massivamente attivato, oltre che nelle necessarie politiche di risanamento finanziario, per lo sviluppo socio-economico dell’Isola attraverso l’Innovazione. Un percorso che ha portato ad aumentare l’investimento in termini di infrastrutturazione nelle Tlc facendo in modo che, in un anno e mezzo, l’Agenda Digitale siciliana si sia posizionata al secondo posto in Europa, per dimensione, e che porterà, nel 2022, la Sicilia ad essere la regione europea a più alto tasso di digitalizzazione a beneficio di imprese, start-up, e della stessa Pubblica amministrazione”.


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