PALERMO – La necessità di una legge regionale che raccolga e coordini le buone prassi esistenti; l’urgenza di dotarsi di un’anagrafe scolastica e di un piano dell’infanzia regionali; l’importanza di ricostituire la Commissione regionale per i problemi della devianza e della criminalità; l’imprescindibile valorizzazione delle figure dei garanti locali. Sono alcuni dei suggerimenti della Commissione regionale Antimafia, presieduta da Claudio Fava, che ha approvato all’unanimità la relazione finale dell’inchiesta sulla condizione minorile in Sicilia, presentata in conferenza stampa a Palazzo dei Normanni. Presenti anche i commissari Roberta Schillaci, Rossana Cannata e Giuseppe Zitelli.
La relazione sintetizza otto mesi di lavoro intenso – 65 audizioni svolte dal luglio 2021 fino al febbraio 2022 – in cui la Commissione ha cercato. anche con la collaborazione dell’ex magistrato Teresa Principato, di dare una risposta alle preoccupazioni manifestate in più occasioni da parte dei Procuratori del Tribunale dei Minori oltre che da operatori scolastici, socio-assistenziali, socio-sanitari e del Terzo settore a fronte dei dati sempre più allarmanti sulla dispersione scolastica in Sicilia e, più in generale, sulle condizioni di estremo disagio sociale in cui versano i minori delle aree periferiche delle città siciliane.
Attraverso le 106 pagine della relazione si sono evidenziate ed analizzate le cause di questa vulnerabilità sociale: le incertezze amministrative e burocratiche nella risposta di sostegno, la perpetua carenza di risorse finanziarie ed umane, la frammentarietà e la lentezza degli interventi, l’assenza di sinergia istituzionale, l’assenza di spazi di socialità, l’insidia dei “modelli culturali” proposti dalla criminalità organizzata. Proprio quest’ultimo punto rappresenta uno degli snodi dell’indagine svolta: “Se una ragazza problematica di una periferia palermitana – ha detto il Presidente Claudio Fava – dovrà aspettare dieci mesi per una visita psichiatrica, se diciassette scuole di frontiera continueranno ad avere a disposizione un solo assistente sociale per migliaia di studenti, se palestre e campi sportivi resteranno chiusi perché i comuni non riescono a recuperare le cifre modeste che servono a renderli fruibili, se le scuole resteranno l’unico presidio isolato e malvisto, se le associazioni si vedranno chiudere i programmi di accompagnamento sociale per ragioni di bilancio e di burocrazia amministrativa rinunciando a dare continuità di intervento al loro lavoro… se questa resterà la risposta dello Stato per i quartieri in cui la condizione minorile è sinonimo di vulnerabilità e disagio, non stupiamoci quando mafie e criminalità avranno vita facile a reclutare, a trasformare adolescenti in carne da cannone”.
Storie che sembrano giungere da un mondo lontano ma che appartengono alla cronaca quotidiana delle nostre città. Un racconto che la Commissione Antimafia dell’Assemblea Regionale Antimafia ha raccolto sul campo, attraverso la testimonianza diretta di chi vive – da studente, da insegnante, da operatore sociale – la marginalità fisica di quartieri come lo Sperone, lo Zen, Librino, San Giorgio, Giostra.
Per Fava, “è vero, l’ascensore sociale nelle periferie siciliane si è fermato ai piani alti. Ma si tratta di un esito che non può essere accettato o, ancor peggio, passivamente subito. A tal riguardo la relazione della Commissione Antimafia lancia una serie di suggerimenti al Parlamento siciliano nella prospettiva di un comune sforzo fra tutti gli attori istituzionali: la necessità di una legge regionale che raccolga e coordini le buone prassi esistenti; l’urgenza di dotarsi di un’anagrafe scolastica e di un piano dell’infanzia regionali; l’importanza di ricostituire la Commissione regionale per i problemi della devianza e della criminalità; l’imprescindibile valorizzazione delle figure dei garanti locali. Di questi ragazzi ci saremo fatti davvero e definitivamente carico quando restituiremo a ciascuno di loro un diritto di cittadinanza pieno, progressivo, positivo. Non più figli di un dio minore ma figli di tutti. Anzitutto nostri”, conclude la relazione.