Li abbiamo guardati, i Signori Onorevoli, il Signor Presidente e i Signori Assessori. Li abbiamo osservati, nell’ultimo dibattito parlamentare, all’Ars, come durante il primo giorno di scuola. Tutti riconoscibili secondo quell’archetipo da banchi. Il figlio di buona famiglia che ha avuto la strada facilitata. L’umile che ha dovuto farsi largo a spintoni. Gli abitanti degli spazi più vicini alla cattedra, desiderosi di mostrarsi. Gli impenitenti che tirano freccette dalle retrovie. Il linguaggio ha assunto un ulteriore carattere rivelatore, mescolandosi e distinguendosi. L’italiano cesellato, la cadenza dialettale, i congiuntivi superbamente azzeccati, come i condizionali, in altre favelle, un po’ straziati.
Diversi, diversissimi, ma, parecchi, accomunati dall’identico sorriso. Dalla gioia di avercela fatta, di essere lì, sull’unica imbarcazione sicura nella Sicilia alla deriva. Eccoli, i nostri eroi. A cui dobbiamo riconoscere l’appellativo, nolenti o volenti. Saranno loro a doverci salvare, a dovere salvare l’Isola e il destino dei suoi malcapitati passeggeri, in un tempo che azzanna. Siamo costretti a tifare per loro, che ci piacciano oppure no. E non è che ci sia soltanto un iceberg minaccioso sulla rotta. E’ ovunque ghiaccio, con flebili scorci di azzurro.
Li abbiamo visti sorridere ancora, questi nostri eroi, più volte, diffondendo l’intima felicità in una speranza condivisa. Almeno ci provavano. Come per certificare: tranquilli, siamo qua noi. (Sine qua non, ripeteva uno scolasticamente scellerato contemporaneo di studi, ignorando che volesse significare altro e non, davvero, ‘Siamo qua noi’…). E, quasi quasi, contagiati dal buonumore, senza alcuna ragione specifica, ci è venuta voglia di partecipare alla festa. Di stappare una Fanta, di bussare all’augusto portone di Palazzo dei Normanni, con una guantiera di paste. No, i cannoli meglio di no. Perché non godono, scaramanticamente, del favore popolare. Ma poi abbiamo ricordato tutto.
Abbiamo ricordato che quella non era una festicciola della scuola elementare con le pizzette e le bibite. Quello era il Parlamento più antico del mondo, ritratto, mentre problemi antichissimi e sempre nuovi oscurano la serenità dei pochi siciliani che possono permettersela. Un’assemblea con una maggioranza friabile, con troppi personalismi che, fin qui, in ogni epoca, ha mostrato la famosa ed evocata ‘continuità’ nel peggio e peggiorando costantemente. Ognuno ha pensato per sé, ai suoi appetiti. Ognuno è stato custode, re e scudiero del proprio privilegio. Né ci sembra che la prospettiva prometta una svolta, anzi… Oltretutto, a uno scenario già preoccupante si è aggiunta la dimensione del ‘buco’, con la ‘grana’ dei rilievi della Corte dei Conti e con la replica dell’assessore Falcone.
Per cui alla domanda: riusciranno i nostri eroi a salvare la Sicilia?, prima impallidiamo, poi pensiamo che, magari, chissà, potrebbe pure essere… Ma lo pensiamo perché siamo costretti a sperare comunque. Perché non abbiamo altra scelta. (Roberto Puglisi)