CALTANISSETTA – Il “demiurgo della finta antimafia” – così lo ha definito il giudice che lo ha condannato in primo grado – oggi dirà la sua verità. Per la prima volta Antonello Montante sarà interrogato in aula.
A Caltanissetta è il giorno del processo di appello nei confronti di cinque imputati che in primo grado hanno chiesto il rito abbreviato: l’ex leader della Confidustria siciliana, condannato a 14 anni, l’ex comandante della guardia di finanza ed ex capocentro della Dia Gianfranco Ardizzone (3 anni), il sostituto commissario di polizia Marco De Angelis (4 anni), il responsabile della sicurezza di Confindustria Diego Di Simone (6 anni) e il questore Andrea Grassi (1 anno e 4 mesi).
A chiedere l’esame dell’imputato sono stati i suoi legali, gli avvocati Carlo Taormina e Giuseppe Panepinto. Il collegio giudicante, composto dal presidente Maria Grazia Vagliasindi e dai consiglieri Giovanbattista Tona ed Emanuele Di Gregorio, ha riservato tre udienze: 11, 12 e 18 giugno.
Sarà un esame lungo ed acceso a giudicare dalle parole dell’avvocato Taormina: “Montante, che nel processo di primo grado non ha mai reso dichiarazioni per le sue condizioni di salute ha ritenuto che la Corte nissena che deve giudicarlo sia da ritenere affidabile ed imparziale e che questa sia la sede giusta per mettere fine al massacro al quale continua ad essere sottoposto e che merita la dovuta risposta. Montante chiarirà la sua posizione e quella di magistratura e istituzioni continuamente chiamate in causa come protagoniste del così detto ‘Sistema Montante’. Il dado è tratto”.
Montante prenderà di mira soprattutto la sentenza che gli è costata una condanna durissima emessa dal giudice per l’udienza preliminare Graziella Luparello. Quattordici anni in abbreviato vuol dire ventuno scontai di un terzo come previsto dal rito.
Nella parte finale della motivazione lunga 1700 pagine Luparello aveva scritto che “non è intendimento di questo giudice compiere un’operazione a sfondo etico di demistificazione dell’oleografico moralismo di Montante quanto confutare la tesi difensiva di un abbaglio giudiziario”.
Lo sfondo etico, però, era piuttosto evidente. Basta rileggere la parte in cui scriveva: “L’antimafia confindustriale grazie alla complicità e alla connivenza di soggetti appartenenti ad ambienti istituzionali diversi era sta eretta in laboratorio nel quale creare e distribuire posti di potere in cambio del totale pronismo dei pubblici ufficiali lesti ad agire con fermezza squadristica al servizio di Montante, con complessivi esiti di adorazione messianica di quest’ultimo”.
O con Montante o contro Montante, è il caso di dire attingendo al cuore dell’inchiesta bis che non è ancora approdata in sede processuale. L’ex leader confindustriale sarebbe stato pronto a confezionare dossier fasulli, persino a compulsare indagini, pretestuose e infondate, pur di attaccare o ricattare i nemici, tra cui includeva anche il nostro giornale.
Montante da oggi e per tre udienza avrà modo di difendersi e confutare tutte le accuse come ha cercato di fare in fase di indagini preliminari, quando disse di essere stato lui vittima di vendette personali. Per lui vale, come per qualsiasi altro imputato, il principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva.