Giustizia per Aldo Naro: 'Sono morto soffocato nel sangue'

“Sono morto soffocato nel mio sangue”: giustizia per Aldo Naro

Una lettera su Facebook. Un padre e una madre che pretendono la verità.

“Sono morto soffocato dal mio stesso sangue. In tutto ciò, nessuno ha fatto niente per me, ma non avrei mai chiesto da medico che qualcuno donasse la sua vita per me. Ma nessuno, neanche i miei colleghi hanno saputo prestarmi soccorso nessuno mi ha aiutato. Tutte le persone intorno a me si sono limitate a guardare, senza emozioni, quello che mi stava accadendo”. Non è stato Aldo Naro a scrivere queste parole su una pagina social a lui dedicata, proprio perché il giovane medico, otto anni fa, è stato ucciso in discoteca, a Palermo, nel corso di una rissa, durante una serata per San Valentino. Dunque, non avrebbe mai potuto. Sono i familiari, che scrivono: “sono morto soffocato dal mio stesso sangue”. Ed è terribile leggere. Ma nessuno può arrivare a comprendere quanto sia indicibile avere vissuto davvero quella pena nel corpo di un figlio e di un fratello.

“Sono stato ucciso a calci”

La lettera, in prima persona, come se Aldo potesse parlarci ancora, è agghiacciante, nella sua chiarezza: “Sono stato ucciso a calci nella mia parte più preziosa. nella mia testa. Sono stato preso alle spalle, sono stato buttato a terra, mi hanno dato calci in testa, nelle costole perforandomi il polmone, mi hanno rotto il naso, schiacciato le dita, mi hanno rotto l’osso del collo a furia di calci. Cercavo di dire basta, di tirarmi su, cercavo di chiedere aiuto ai miei amici. Sono morto soffocato dal mio stesso sangue…”. E’ un invito alla memoria, a non perderlo di vista il medico Aldo, a non dimenticarlo, a non restare indifferenti, a pretendere la verità, qualunque essa sia.

La macchina giudiziaria per l’accertamento dei fatti è nel suo non semplice cammino. L’impegno della famiglia ha diffuso una continua campagna di sensibilizzazione. Ci sono tre imputati, rinviati a giudizio per concorso in omicidio. Le loro presunte responsabilità, secondo le accuse, si aggiungerebbero a quelle di Andrea Balsano, condannato con sentenza definitiva. I genitori di Aldo Naro, Rosario e Anna Maria, hanno ripetuto in ogni sede che il figlio non poteva essere stato ucciso da un solo calcio, che deve essere successo qualcos’altro, in un contesto di feroce brutalità. “Sono anni che lottiamo e non ci fermeremo mai. La verità c’è, esiste – ha detto la mamma, in una intervista al Tgr -. Ora sta alla giustizia dare pace ad Aldo”. “I testimoni, gli amici – ha detto il papà – devono finalmente parlare. Aldo è stato vittima di una condanna a morte”.

“Caro Aldo…”

In quella pagina, oltre alla richiesta di verità e giustizia, ci sono altre lettere, scritte dall’amore. Una nella prossimità dello scorso Natale: “Caro Aldo, avrei innumerevoli parole da dirti, molte dettate dalla rabbia e tantissime dettate dal cuore. Oggi voglio parlarti con amore: questo periodo era il nostro periodo dell’anno preferito pieno di calore, feste, regali e famiglia, la famiglia unita. Eravamo le persone più ricche del mondo e sfortunatamente non eravamo coscienti di esserlo. Da quando ti hanno ucciso il 14/02/2015, 2860 giorni fa, non è più Natale, Pasqua, feste e compleanni. Ma com’è è possibile? Come è stata possibile una cosa del genere? Perché nessuno è intervenuto per aiutarti, perché questa indifferenza?”.

E ancora: “Oggi è come se sentissi il suono della tua voce quando partisti per Palermo senza più fare ritorno. Metà del nostro cuore si è spezzato quella stessa notte ed è morto con te nel momento in cui abbiamo avuto modo di vederti nudo, solo, freddo, su di una lastra di metallo. Non c’era nessuno con te, tutti quegli amici col quale eri quella notte erano scomparsi. Vederti in quel modo, trovati in quelle condizioni, con quello sguardo e gli occhi pieni di sangue è qualcosa con un genitore o un familiare non dovrebbe mai vedere”. Aldo Naro, medico, figlio, ragazzo, aveva tutto il suo futuro davanti. Si legge sempre su Facebook: “Io sono riuscito quasi a coronare il mio sogno, perché sì io volevo essere un medico, ma volevo diventare dentro il mio cuore un ottimo cardiologo. Avrei dato me stesso per esserlo ma non è stato possibile, perché io da 8 anni ho soltanto 25 anni”. Ma non è Aldo che parla. Lui non può più farlo. (Roberto Puglisi)


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