Capaci, Morvillo: "Se davanti al potere si rinuncia all'integrità morale"

Morvillo: “Se davanti al potere si rinuncia all’integrità morale”

L'ex magistrato e fratello di una delle vittime ha riacceso il dibattuto su "mafia e politica"
STRAGE DI CAPACI
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PALERMO – Giovanni Falcone, un uomo e un magistrato. Non c’è spazio per la retorica dell’eroismo sul palco allestito dalla Fondazione Falcone sul prato del Foro Italico di Palermo. Almeno non su questo tema.

“Giovanni non voleva essere un eroe, ma voleva essere soltanto un magistrato che facesse il proprio dovere. Non dobbiamo pensare solo al passato, ma anche al futuro per questa nostra città”, dice la professoressa Maria Falcone, sorella del magistrato e anima della Fondazione che coltiva la pianta della memoria.

Palermo ricorda con partecipazione Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.

Alfredo Morvillo, ex magistrato e fratello di Francesca, ha il dono della schiettezza: “Se davanti agli obiettivi del potere si rinuncia a questa integrità morale in fatto di mafia si va in un’altra direzione rispetto alla necessità del massimo di rigore e dell’intransigenza. Se allora, in quel tempo, abbiamo sentito un grande grido, oggi, ho l’impressione, sentiamo solo dei gridolini”

I semi hanno dato i loro frutti se è vero come è vero che il prato è gremito di ragazzi delle scuole. Applaudono, si scaldano quando sul palco sale il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dimostrano un senso genuino di appartenenza ad una comunità.

Maria Falcone li ringrazia assieme “alle insegnanti che in questi anni hanno fatto una rivoluzione copernicana”.

Il vigile del fuoco e l’omaggio agli uomini in divisa

Il primo a salire sul palco è Pino Apprendi, che il 23 maggio del 1992 era a capo di una delle squadre di vigili del fuoco intervenute a Capaci dopo la strage. Ricorda commosso “il dolore dei colleghi” in divisa, mentre stringe il casco che indossava allora. Un tatuaggio impresso nella sua memoria, più che un oggetto o un cimelio.

Marta Cartabia

La ministra della Giustizia Marta Cartabia ricorda l’importanza della “legislazione antimafia, originalissima” entrata in vigore dopo le stragi, “che ha messo a frutto il metodo inaugurato da Falcone e Borsellino e lo ha esportato in tutto il mondo, soprattutto con l’aggressione ai beni e ai capitali, perché la criminalità mafiosa è essenzialmente una criminalità del profitto”.

Anche lei, però, si rivolge soprattutto ai giovani: “Permettetemi di sconfinare in un terreno che non è il mio ma quello della cultura e della educazione, perché le buone leggi e la buona giustizia si nutrono di educazione e di cultura. Ne parlavamo ieri con Bianchi, mentre visitavamo il centro di don Puglisi, perché va sconfitta radicalmente la cultura mafiosa che baratta la dignità per denaro. Questo è un lavoro che si può fare solo capillarmente nelle scuole con le giovani generazioni”.

Luciana Lamorgese

La collega dell’Interno, Luciana Lamorgese, ribadisce l’importanza di non disperdere gli insegnamenti di Falcone: “Due parole d’ordine devono contraddistinguere il contrasto alle mafie: rafforzare la cooperazione e l’azione della società civile. Le mafie hanno dimostrato di sapere stringere legami con chi detiene il potere e di insinuarsi nelle istituzioni. Sono in grado di camuffarsi e proporsi con una immagine rispettabile: la cooperazione è fondamentale per creare consapevolezza condivisa tra tutti gli Stati e dotarsi degli anticorpi necessari per respingere queste mentalità devianti”.

Francesco Lo Voi

“Con Falcone c’era un raccordo professionale, ma anche un rapporto familiare che comprendeva le rispettive mogli e che cercavamo di sfruttare il più possibile, inclusi gli ultimi mesi della sua vita. Pochi erano gli amici – racconta il procuratore di Roma Francesco Lo Voi, fino a pochi mesi fa alla guida dei pm di Palermo -. L’approfondimento della collaborazione con gli stati stranieri, quella molto intensa con gli Stati Uniti d’America che avviò in quel periodo e che prosegue tuttora: sono questi gli insegnamenti di Falcone e Borsellino che cerchiamo di attuare e trasmettere”.

Lamberto Giannini

“In pandemia c’è stato un momento di grave crisi. Si possono registrare tentativi di infiltrazione anche immettendo dei capitali per cercare di sostenere e approfittarsene per prendere il controllo di imprenditori in difficoltà – spiega il capo della polizia Lamberto Giannini-. A tutto questo abbiamo reagito e stiamo lavorando. E’ stato istituito un punto di monitoraggio”.

Alfredo Morvillo

Alfredo Morvillo insiste sull’esempio “etico e morale” di Giovanni Falcone. Parole in linea con quelle pronunciate nei gironi scorsi che hanno riacceso con forza il dibattito attorno al tema del rapporto fra mafia e politica.

“La lotta alla mafia non è solo un problema di forze dell’ordine e della magistratura, che hanno fatto un lavoro eccezionale – spiega Morvillo – ma un modo di vivere e fin quando non avremo recuperato una intransigenza morale, le parole di Giovanni secondo cui ‘la mafia avrà un fine’ resteranno parole, perché necessitano di una ulteriore frase: ‘Se tutti insieme lavoreremo…'”.

Roberto Lagalla non partecipa

L’onda lunga delle polemiche arriva anche al Foro Italico. Roberto Lagalla, candidato a sindaco di Palermo, che ha incassato l’appoggio e il plauso di Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri, ha deciso di non partecipare alla commemorazione. In un comunicato ha sostenuto di essere stato bersaglio “di un linciaggio morale“: Sono stato costretto a prendere questa decisione per evitare che qualche facinoroso, sensibile al fascino di certe feroci parole, potesse macchiare uno dei momenti simbolici più importanti della nostra città”.


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